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IL RICORDO DI ANTONIO SBARDELLA, NELLE PAROLE DI MELCHIORRE ZARELLI


articolo del 13/1/2012

INTERVISTA A MELCHIORRE ZARELLI

Caro Antonio, ti ricordo

e ti saluto così

Domani il X anniversario della scomparsa di

un uomo lungimirante, arbitro internazionale,

presidente del calcio a 5. E, per 10 anni, del

C.R.Lazio. Comincia oggi un reportage curato

dal nostro direttore. Con un'intervista all'amico,

compagno di lavoro una prima, e una seconda,

più intensa volta. Il dispiacere e il dopo

 

di Max Cannalire

 

Ci sono date, ci sono momenti, incastonati con altri riferimenti. Che non casualmente rendiamo paralleli, in un unico ragionamento. Se parliamo di Mexico 1970 viene in mente il Brasile che vince la terza volta la Coppa Jules Rimet, che si terrà per sempre, quella favolosa nazionale carioca. E viene in mente il gol del 4-3 segnato da Gianni Rivera alla Germania, nella partita del secolo che era la semifinale. Quella partita la videro in tribuna, uno per passione e perché era diretto interessato, l’altro perché inviato della Rai, e tutti due “eravamo scavezzacolli, da ragazzi, a Palestrina”. Sono le parole che disse Nando Martellini, il 16 gennaio 2002, all’estremo saluto di Antonio Sbardella. Lui, a Mexico ’70, disse il telecronista delle tre volte “CAMPIONE DEL MONDO!”, “a un certo punto smise i panni di arbitro, rinunciando al sogno di una vita, quello di dirigere la finale di un campionato del mondo, e si mise a tifare, con tutti noi, per l’Italia. E al gol di Rivera esultò come non era mai capitato”. In questa frase era racchiusa l’infinita passione di Antonio, uomo appassionato del calcio e delle sue vicende, pur nel momento in cui quel torneo planetario costituiva l’ultima occasione per dirigere una finalissima. Gli toccò Germania-Uruguay, finita 1-0, rispetto all’ultima edizione in cui i tedeschi hanno vinto in Sudafrica 4-2, e fu votato miglior arbitro del torneo mondiale.

Parlavamo di date. Ebbene: domani, per chi scrive, per tanti appassionati di calcio, mondiale, italiano e, nelle nostre latitudini, regionale, non è “UNA DATA COME UN’ALTRA. E’ IL 14 GENNAIO”, ovvero il 10° anniversario dalla scomparsa di Antonio Sbardella, salito in Cielo, nella Gerusalemme celeste tra la domenica notte e il lunedì, poco dopo aver ascoltato, all’ora di pranzo, la trasmissione radiofonica di calcio regionale, oggi a Radioincontro, dieci anni fa in onda su Radio Spazio Aperto, con direttore artistico Max Arrichiello, e direttore responsabile Guido De Angelis, lazialissimo, come Antonio è stato.

Oggi siamo stati a recar visita al presidente regionale che ne ha ricevuto il testimone, Melchiorre Zarelli, e che di Sbardella è stato amico, compagno di avventura una prima volta, prima dell’incarico di Antonio nel calcio a 5, e una seconda, più lunga, più intensa, vivace e, al termine, intristita dall’addio. In modo realista, partecipato e sentito, il suo segretario e attuale massimo dirigente regionale, ci ha aiutato a toglierci qualche curiosità.

L’intervista

Che ricordo ha, di Antonio Sbardella, come uomo, prima che come dirigente?

“Il ricordo di un amico, prima di tutto. Non lo posso considerare un padre ma un fratello maggiore, che mi ha lasciato un vuoto dentro, quando se n’è andato. Il nostro rapporto è stato veramente bello, e nacque quando arbitravo, perché è stato il mio organo tecnico. Poi, più avanti, riuscì a essere eletto consigliere del direttivo dell’Interregionale, parliamo del 1987-’88, e i rapporti si intensificarono. Ci perdemmo di vista ai tempi in cui fu nominato presidente della Divisione nazionale di Calcio a 5 ma nel 1992 le nostre strade tornarono le stesse; e da quel momento in poi sono stati anni meravigliosi, a via Pollenza. Sul piano squisitamente umano non c’era questa distinzione, lui presidente e io segretario, vista l’amicizia”.

E parlando cosa possiamo dire, di quell’avventura in comune?

Zarelli esprime in modo chiaro i suoi concetti: “La sua esperienza mi ha fatto crescere, dandomi quelle indicazioni che sono state utili ieri e l’altro ieri, e che sono state preziose dopo che non c’è stato più, Antonio. Perché ci vuole esperienza, a mandare avanti la baracca del calcio, che si è ampliata, allargata, è migliorata, non solo nei numeri, nelle cifre. E quelle sue idee, quelle sue parole, quello che è stato, tutto questo mi è servito, tanto! Provo un senso di gratitudine sul piano di quanto sarei riuscito a portare avanti, già facilitato, e per la sua determinazione. Che mi spinse a togliermi una grande soddisfazione didattica”.

Qui Zarelli racconta una cosa forse inedita, ma che fa capire gli stimoli presenti nel suo rapporto con Antonio Sbardella: Quando ero giovane avevo terminato gli esami ma, per vari impegni, l’arbitraggio, mia moglie, due figli, non avevo discusso la tesi di laurea. Lui mi costrinse a dare la tesi di laurea in Economia e Commercio, per dare una gioia ai miei genitori, ai familiari e a me stesso. Gli devo dire grazie ancor’oggi, per questo e per tanto altro lo considero un fratello maggiore, un maestro”.

Fuori dalla corazza del suo carisma, che uomo è stato, Antonio Sbardella?

Zarelli, con grande serenità, dice: “Allegro, molto…gioviale. Vivevamo bene i momenti utili a farsi quattro risate e quelli dedicati all’attività federale, perché lui è stato la mente, io il braccio. E proprio per aver saputo separare i momenti seri da quelli allegri, gioiosi, lui ha saputo avere relazioni durature con gente importante, con funzionari di impresa, di grande livello. E questo ha potuto portare vantaggi a quanto fatto per il Comitato Regionale Lazio e riconoscimenti che nel tempo hanno fatto bene al movimento. Riconoscimenti che, per quanto riguarda Sbardella, durano ancora adesso, come è giusto che sia”.

Non è stato facile, gestire un calcio laziale, un mondo sportivo quale è il nostro che, forse, è cresciuto a dismisura…

Zarelli: “Dopo il 2002 il boom è diventato anche numerico, ma, per carità, non per demerito suo o merito mio; il calcio a 5 sta arrivando a livelli incredibili, con quei principi che aveva dato Antonio Sbardella. Quello che ho fatto io veniva da sé, e abbiamo avuto miglioramenti visibili, evidenti, dopo quanto tracciato da lui e dalla sua gestione. Lui, per esempio, è stato un grande comunicatore, coi mezzi di informazione, io sono un po’ più misantropo, lui più spontaneo, comunicativo. Questo ha fatto sì che il calcio laziale disponesse di più appeal per i dirigenti e giocatori che volevano entrare. Antonio Sbardella ha dimostrato di possedere valori attuali, ancora integri, validi”.

Il dopo-Sbardella come è stato?

L’attuale presidente non fatica a dire, rapidamente: “Difficile. Io, a quel punto, mi sono esposto in prima persona. In un primo, complicato periodo, ho fatto tutte e due, il presidente e il segretario, poi i diversi collaboratori scelti hanno fatto bene, da Laura Mattia a Claudio Galieti, che era un collaboratore del Settore Giovanile e Scolastico”.

Il resto è storia recente. Domani, sabato 14 gennaio, anno del Signore 2012, tutti gli amici e le persone che hanno riconosciuto quanto abbiamo scritto di Antonio Sbardella, uomo, giocatore di calcio dalla carriera interrotta, arbitro di valore mondiale, dirigente di livello nazionale e regionale, si riuniranno alla Chiesa di via di Casal Lumbroso, dove abitava. Per dirgli “GRAZIE, SOR ANTO’, GRAZIE, PRESIDENTE”, UNA VOLTA DI PIU’. Per averci trattato da pari, pur essendo importante.

Massimiliano Cannalire

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