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VANNO VIA TRE GIGANTI, OGNUNO A MODO LORO


articolo del 2/4/2012

TRE GIGANTI, OGNUNO
A MODO LORO

Una settimana finita con un
conto salato: Franco Mancini,
Antonio Ghirelli, Il Direttore
per Eccellenza. E Giorgione


E' stato un fine settimana triste, e una domenica fatta di ricordi. Prima la notizia di Franco Mancini, che ha profondamente scosso il calcio e chi l'ha conosciuto, l'ex portiere di Bari e Foggia, che era alle prese con l'avventura, intensa, del Pescara di Zdenek Zeman. Poi la scomparsa di un big del giornalismo italiano, socialo, storico e sportivo: Antonio Ghirelli, determinato elemento, caparbio e composto, diretto e impegnato. Un gran signore, una persona che si è fatta volere bene da tanta, tanta gente. E, proprio mentre terminavamo la puntata domenicale di Radioincontro dedicata alla serie D, alla Lega Pro, alla serie A, arrivava la notizia della morte di Long John, Giorgione Chinaglia. Figura che ha saputo entusiasmare diverse generazioni di laziali e di sportivi, farsi temere dagli appassionati di altre squadre che ne hanno spesso subito le realizzazioni, la grinta, la possenza fisica e la voglia di scardinare i reparti arretrati. Leggendo le cifre ieri, su internet, sono rimasto impressionato dai numeri, dalla qualità. Con la Lazio ha spedito in porta 98 volte il pallone, in 202 partite, hanno significato che ogni due partite andava in rete, con una frequenza impressionante, nel rapporto con il gol. Ma oltre queste statistiche, poi ribadite con i New York Cosmos, squadra di stelle meravigliose, Beckenbauer, Pelé, su tutti, Giorgio Chinaglia ha rappresentato un modo diverso di rapportarsi coi compagni, fino a prendere chi non correva a calci nel sedere, fino a confidarsi con il Dottor Renato Ziaco, e con Tommaso Maestrelli. Ieri e oggi sono due giorni tristissimi per la Lazio, perchè, al di là della vicenda giudiziaria, come hanno detto in diversi, lui non è potuto tornare per spiegare di essersi fidato, un'altra volta, dopo averlo fatto quando ricopriva il ruolo di presidente della sua Lazio, delle persone sbagliate. Sbagliando, a sua volta, per carità di Dio. Non bisogna essere ipocriti ma bisogna fare un serio e appassionato distinguo tra il grande sentimento costruito e mantenuto tra il popolo bianco-celeste e il suo centravanti, capace di condurre con la sua voglia di vincere quella strepitosa formazione di Maestrelli al primo, grande scudetto della Lazio.
E' normale avere due sensazioni, internamente. Quella di chi l'ha vissuto come idolo, esempio, beniamino, trascinatore, giocatore capace di esultare rivolto alla Curva Sud suscitando le ire dei sostenitori giallo-rossi. E quella di chi gli ha poco perdonato o per niente gli errori nel "farsi mettere in mezzo" ai tempi della presidenza, e quelli, più rilevanti e recenti, che gli sono valsi un mandato di cattura per presunti accordi con il Clan dei Casalesi. Ma la passione delle genti bianco-azzurre di certo arriva a ricordare questa cosa, come è giusto che sia, quale errore senza "se" e senza "ma", separando l'infinita gratitudine, come recita una canzone popolarissima, tra i tifosi della Lazio, per aver fatto finire il precedente strazio e aver portato la "Lazietta" ai vertici del calcio nazionale. Per questo e altri motivi il forte carattere di Giorgio ha sempre trovato l'incoraggiamento dei suoi tifosi, come era per quei cori di incitamento per De Sisti e Benetti sul fronte avverso.
Concludo con un pensiero dedicato ad Antonio Ghirelli. Il suo sorriso, anche in quelle situazioni di corsa, di fretta, di pressione, non è mai mancato. Ora ci manca, pur fortunato a giungere a 90 anni. E fortunati noi, così piccoli, di fronte a un gigante vestito da normale persona della strada. Elegante, profondo nell'applicarsi, spesso, preparato.
Massimiliano Cannalire

MORTE CHINAGLIA. Il ricordo di Wilson: «Amico mio, scusa se ti ho lasciato solo»
Fonte: la lettera integrale riportata su www.iltempo.it

Di te voglio ricordare quando ti ho visto la prima volta, quasi 45 anni fa. Eri già pazzo, ti sei presentato con una bombetta, un impermeabile verde, ed un ombrello. È cominciato da quel momento il nostro lungo percorso insieme, che da illustri sconosciuti ci ha portato addirittura ad essere protagonisti nella nostra amata Lazio. Abbiamo vissuto 45 anni in perfetta sintonia, pur non sentendoci ogni giorno. È vero, una volta mi dicesti: «Pino, anzi capitano, anche se non ci sentiamo tutti i giorni io so perfettamente quello che tu pensi di me, e tu sai quello che io penso di te». Siamo stati insieme fianco a fianco in mille avventure. Lazio, Nazionale, Cosmos, un’occasione sfumata ancora nella Lazio, abbiamo passato, carissimo Giorgio, davvero una vita insieme. Poi all’improvviso ti ho sentito tre giorni fa, stavi uscendo dall’ospedale, e ho capito che non stavi bene, ma non ho voluto dirti niente per non allarmarti. Poi è arrivata la triste notizia, ed in cuor mio ho sperato tanto in un pesce d’aprile macabro. Speravo che la notizia non venisse confermata, ma purtroppo era tutto vero. Ti abbiamo lasciato forse solo Giorgio, non nel senso dell’amicizia certamente, ma ti abbiamo lasciato solo perché tu probabilmente avevi bisogno di sentire gli amici accanto a te, ma purtroppo non ti è stato permesso. Questo è il mio rammarico, il mio grande dolore. In ogni caso, caro Giorgio, devi sapere che tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerti, non come giocatore, ma come persona, fanno un’immensa fatica a credere che sei volato via, così improvvisamente. Felice, Sergio, Mario, Luigi, Pino, Giancarlo, Franco, Renzo, Luciano lo trovi lassù, Mario lo trovi lassù, Vincenzo, Paolo, Avelino, so che in questo momento stanno rivivendo nella loro mente i tantissimi momenti che hanno vissuto insieme a te. Amico mio, ti saluto, che qualcuno possa prendersi cura di te più di quanto qualcun altro abbia fatto qui in terra. Ti voglio bene, il tuo capitano.

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