La pił bella parata di FEDERICO D'IPPOLITI: COMBATTERE PER LA VITA!
articolo del 25/5/2012
La più bella parata che un portiere possa fare è rappresentata dal volo, magari potente più che plastico, che un numero 1 può produrre dai pressi del palo più lontano vero l'altro montante verticale, in un gesto atletico fuori dall'ipotizzabile, lì per lì. In tanti anni di radiocronache e telecronache ne abbiamo raccontate, di parate, clamorose, d'istinto, a valanga, tutte fatte di coraggio e di quella sana spensieratezza che accomuna tanti portieri, attori di un ruolo diverso, rispetto a quelli di centrocampista o attaccante. Con una parata puoi decidere un campionato, puoi decidere se retrocedere o salvarti, con tutta la tua squadra, o se arrivare primo o secondo. La scorsa settimana un portiere diventa protagonista non volontario della storia che vi raccontiamo, di come si possa rischiare la propria vita per una polmonite virale, per uno, due, tre batteri, essere intubati, andare in terapia intensiva, al San Camillo, e gettare nella disperazione i propri affetti più immediati. Con ipotesi antipatiche solo da pensare.
E' stata la storia, che vi raccontiamo felicemente, di un portiere tra i meno reclamizzati del Lazio, ma tecnicamente tra i più efficaci, che, classe 1987, ha garantito delle grandi parate e dei punti importanti a squadre come la Lazio giovanile, dove però non è stato valorizzato a dovere, del San Filippo Neri, del Ladispoli, del Ciampino: Federico D'Ippoliti. Se l'è vista brutta, l'ex saracinesca dei rosso-blu di Ivano Fronti e poi di quelli aeroportuali, guidati da Mario Lenzini. Già, se l'è vista brutta, in una, due sere, tra giovedì e venerdì della passata settimana, quando, tra due batteri e una forma virale, ha lottato, con grinta, con determinazione, dopo che, nei giorni precedenti, nello stesso nosocomio avevano garantito di non doversi preoccupare. Al punto che il primario personalmente si è dovuto occupare del caso, visto che chi l'ha fatto in precedenza, ha mostrato delle palesi lacune. E ora siamo qui a raccontare del grande amore, di pochi intimi, senza che la storia prendesse il largo nella grande popolazione del calcio romano e laziale, eccezion fatta per Antonio Campagna, compagno, nel Ciampino del nono posto in Eccellenza del portierone di Monteverde e Testaccio, poi emigrato tra la Borghesiana e Collevecchio.
Federico ha imboccato una strada capace di portare a un bivio, a detta degli stessi medici: era a rischio di vita, senza utilizzare mezzi termini. E ora il numero 1 dalle spalle grosse, con il grande amore dei suoi familiari e della sua dolce metà, peraltro in attesa, ma con amici capaci di sperare, pregare, dedicare pensieri alla soluzione, non alla disgrazia, inizia un'altra salita. Con l'amore fraterno, l'umanità, la lealtà di chi gli vuole bene, e con la coscienza di chi ha rischiato troppo, per un gagliardo giovanotto di 25 anni. E domenica, sui campi di Collevecchio in Sabina, II Categoria praticamente in zona-promozione per salire in I, i suoi compagni di squadra (nella foto) e i suoi amici ed ex "amici non della ventura", come li avrebbe definiti il grande poeta del racconto sportivo Sandro Ciotti, di Ciampino, hanno fatto nel primo caso lo striscione che vediamo, nel secondo delle magliette, tutte in un unico verso: quello della vita e del combattere che si fa per essa, per la sua giusta, onorevole valorizzazione.
Diceva un antico maestro del calcio, mai dimenticato: a calcio, e prim'ancora nella vita, ci si mette in moto con la testa, poi con il cuore e i piedi. E' il momento di mettercisi di buzzo buono. Perché non siamo in un video-gioco: dieci giorni per inseguire, con pazienza, con tatto, una migliore situazione generale e specifica. Coraggio, portierone, dopo la più bella parata: decidere di reagire, in favore della vita!