IL TOR DI QUINTO CHE E' STATO, E', SARA'
articolo del 4/12/2012
Intervista al presidente dell'Unione Sportiva Tor di Quinto, Massimo Testa. Il Tor di Quinto che è stato. Che è. Che sarà Il numero 1 di via del Baiardo fa l'analisi di ciò che è stato, con una felicissima intuizione di Lallo Ferzi. E di ciò che sarà, la sua idea di una società votata al calcio. Che del calcio rappresenta tanto. Compreso un ciclo di cinque anni I-R-R-I-P-E-T-I-B-I-L-E! Giorno di pioggia, ma non cambia la sostanza. Il Tor di Quinto è sempre al chiodo, "sul pezzo", a fare l'analisi del fine settimana appena trascorso. Presidente, il lunedì e il martedì è giorno di valutazione, per quanto fatto sul campo. Avete preferenza, tra i due giorni di inizio della settimana? Testa: "No, è una cosa fissa a prescindere dal fatto che l'analisi si fa tutta la settimana, quella del lunedì coinvolge più persone". Quali sono le riflessioni di questo momento della stagione? "Per noi è stato tutto un po' più semplice, quest'anno, perché avevamo preventivato che iniziassimo da zero, dopo la riorganizzazione del dopo-Paolo: una cosa graduale, che avrebbe investito tutti i settori, per cui come è come la storia del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Siamo contenti a metà, un po' rammaricati, ma è una sensazione preventivata, di fronte all'accaduto. Non ci sorprende nessun risultato di quanto è successo finora". Riavvolgendo il nastro. La differenza è tutta nei tiri di rigore con la Vigor Perconti, per voi, per Quadrelli, per i ragazzi? Testa non ci pensa un attimo e dice: "No, Frascati era la chiusura di un ciclo in senso assoluto. Poteva finire con una vittoria e invece è finito con una sconfitta, ma siamo sempre a parlare del termine di un ciclo. E la cosa è valsa anche per l'eliminazione degli allievi con quattro traverse prese, a Tor Tre Teste. Tutto ciò ha segnato comunque la fine di un gran periodo del Tor di Quinto, e tra qualche anno sapremo giudicare la macchina nuova che stiamo rimettendo in moto da qualche mese, per cui al momento ogni analisi è sospesa. Franzellitti, esperto, grintoso, determinato, ma soprattutto una piacevole conferma, per un ambiente intero, per tantissimi, tra gli addetti ai lavori, dopo quanto di buono ha fatto la passata stagione, e va ancora facendo, dopo l'operazione all'anca... "Ma sai, quando vai e viaggi con gente del calibro di Franzellitti è come lo slogan di Bersani, l'usato sicuro: risultato immediato e certo. Il problema grosso è che dobbiamo preparare il futuro del Tor di Quinto e, con grande rammarico, il futuro non potrà partire da Salvatore. Che può essere un grande esempio, un valore aggiunto, non quello, però, che varrà tecnicamente per gli anni venturi. Necessita a livello anagrafico un gruppo tecnico e ringiovanito. Infatti abbiamo già messo in moto il cambio, con Kunin, Cruz, che tra un paio di anni saranno allenatori all'avanguardia per il settore giovanile: questo, tuttavia, è un processo che richiede tempo, pazienza, e i risultati saranno analizzati mano mano con un po' meno di ansia. Perché sappiamo perfettamente che questo è un momento di difficoltà, per il nostro settore tecnico. Questa settimana c'è stato il cambio di Quadrelli, che è il segnale del cambio della guardia. E' una cosa che segue a ruota quella di Paolo, paragonabile a quell'evento". Bell'attestato di stima, per Daniele... "E' capitato per motivi differenti, perché è diventato genitore, per impegni suoi familiari e poi per quelli professionali, ma il valore di Quadrelli lo conosciamo tutti". I giocatori che hanno vestito la casacca amaranto-blu manifestano sempre con affetto, vicinanza nel seguire le partite di fine stagione, quelle che contano, e sono accompagnati da quella gran cosa che è la riconoscenza. Non capita sempre, nella vita... Le hanno chiesto di diventare allenatori o dirigenti del Tor di Quinto? Testa: "I ragazzi che sono passati a Tor di Quinto non prenderebbero mai inziativa però se devo fare una scelta il primo pensiero va sempre a loro. Per cui a chiamata otteniamo sempre risposte positive". Il Tor di Quinto e le altre - Delle altre sorelle o grandi del calcio giovanile romano chi vede migliorata? "Guardando le classifiche si prospetta la solita minestra o pastasciutta, secondo il tuo migliore gusto.... Quali realtà nuove emergono? C'è ora la novità dell'Atletico 2000, nella juniores e anche in un altro campionato. Non è una novità, però, questa società, perché ha possibilità organizzative, economiche, ed è tenuta bene, carina. Perciò la novità, in realtà, è una novità a metà. Nelle finali ci sarà qualche novità e le solite note, cosa che non è che faccia un grande piacere, magari". Ostiamare e Ladispoli....sono delle novità? "Novità come l'Ostiamare? Ha un bacino di utenza di 200.000 persone, è quasi logico, è azzardato, definirla come una new entry. Dovrebbe fare la differenza tutti gli anni e infatti da due, tre stagioni sta lavorando bene, davvero, e come avete scritto l'altra settimana, è una programmazione che nasce da tempo, con Lardone oggi, con Baioni, Quadraccia, con Patanella ieri e oggi, e con Cerrai, all'inizio di questo percorso. Troppi cambi, ogni anno, forse, ne potrebbero limitare la crescita: troppe idee qualche volta fanno confusione". Il Ladispoli dàgli e dàgli ha ottenuto quell'attenzione in precedenza vissuta e costruita con la prima squadra. Il suo pensiero sul club di Umberto Paris? Testa fa un'analisi anche in questo caso degna di attenzione: "Una società che ha fatto per quindici anni la Quarta Serie, la D, e che quindi ha rivolto la sua attenzione al settore giovanile: che, infatti, non era trascurato, e sul quale, per tanti anni, ha avuto Tony Piretti responsabile. I risultati avuti, nei numeri, nelle statistiche, sul campo hanno voluto dire che qalche buon pensiero, qualche investimento c'era, c'è stato, c'è anche oggi con quella squisita persona che è l'attuale presidente Paris. Anche le cipolle diventano aglio, dàgli e dàgli. Il titolo regionale, sfiorare il titolo nazionale: lavoro, lavoro e lavoro, così ha pagato la giusta determinazione. Bravo Ladispoli!". Quale è stato il momento più difficile? "Tutti e due i momenti più complicati sono legati a eventi tragici. Quando è morto Lallo Ferzi, e la scomparsa di Paolo. Non parliamo di un tecnico parliamo DEL TECNICO. Guardava su tutti i campi sapendo analizzare i limiti, i pregi, e i margini di miglioramento dei nostri stessi allenatori". Poi la chiacchierata, l'intervista e l'uomo Massimo Testa rivelano una cosa inedita, mai sentita, nelle tante volte in cui abbiamo avuto a che fare con il numero 1 del Tor di Quinto: "Da un'intuizione di Lallo, nasce Paolo, e per disgrazia, dopo 14 anni, ci dobbiamo inventare un altro Lallo Ferzi, un altro Paolo. E i meriti vanno a Fabrizio Tafani, che ha rinnciato a offerte più serie per lavorare a Tor di Quinto, per far rivivere i momenti belli, che per fortuna sono stato tanti. Costruiti con ogni singolo rappresentante di questa società, da Lallo a Paolo, da Guarracino a me, da Spallucci a Tafani. Tutto questo con il lavoro dei dirigenti e dei collaboratori, tecnici e non, è servito a diventare la società più titolata della regione, forse della nazione, in 15 anni: immagina questi uomini, queste persone, questi elementi, come e quanto siano stati più importanti di ogni altra considerazione". Sì, il presente ma l'avvenire del Tor di Quinto Siamo alla ricerca di un capo, che raccolga intorno a sè interesse, stima, affetto, insomma tutte le volte che si parla di un capo si ricerca il carisma. Ma serve un allenatore dotato di grande umanità, è un ostacolo grande, questa ricerca, in questo periodo di tecnologia in cui l'azione dura un secondo e la reazione un altro secondo. Noi dobbiamo trovare uno che sappia rallentare i ritmi, riflettere, dettare idee e pensieri chiari. I rapporti interni come sono, per esempio, con il direttore generale, Giovanni Francesco M. Spallucci, e con il direttore sportivo Guarracino? "Che rapporti! Quando in una squadra di calcio una collaborazione dura cinque anni, sei anni, il rapporto è come tra fratelli, uno conosce i limiti dell'altro, e tutto ciò aiuta a superare i momenti difficili. Discutiamo, strilliamo, Guarracino si alza e lascia le chiavi. Poi esce, prende, fa un giro ampio dei campi, prende fresco e torna". Su Spallucci... "Lo stesso con Giovanni detto Gianni: prende il giornale col cappello e parte, poi alle 9 del giorno dopo sta qui. Si porta via i giornali sapendo che noi non li compriamo, e lui ne acquista tre, quattro e se li porta via, e per punizione ne lascia uno regionale, locale, per punirci...". Dopo tre minuti passati entrambi a ridere, all'idea di uno Spallucci risentito, esacerbato, lui, sempre così composto e misurato, il presidente Testa torna serio in senso assoluto e va in profondità. "Perciò il rapporto è fondato su altri valori: Giampiero lo conosco da quando è nato, Spallucci da quando era il biondino di Ponte Milvio e girava in spider, tutto sale e pepe, un gigolò di periferia. Giampiero è un uomo dalle capacità strategiche, tecniche, tattiche, accompagnato da una visione periferica e alla lunga non comuni, e da quando sono arrivati lui e Spallucci, l'anima bianca del Tor di Quinto, si è completato un grande mosaico, rappresentato, poi, in campo da Paolo e da Tafani, e da tutti i tecnici che abbiamo avuto e abbiamo ancor'oggi. In tanti si chiedono: come mai che qui gli allenatori sono sempre gli stessi da tanti anni? E non si cambiano come accade in giro, con quella frequenza?". Era considerata periferia, Ponte Milvio, oggi così vicina al Centro Storico di Roma? "E certo che era periferia. Era un acchiappatore, era uno come Baglioni. E noi siamo apparentemente diversi ma poi siamo tutti uguali, quando scherziamo uno dell'altro. Lui era tutto carino, educato, e da ragazzino pensare che era cattivo come un demonio". Per farlo arrabbiare, un giorno, presidente, le confido che ho definito, in senso quasi sprezzante, Spallucci socialista, per farlo innervosire. Lei come fa? "Io ci discuto proprio, ma liberamente, quando parliamo di politica. Non c'è prevaricazione, c'è scontro duro, ma con il rispetto delle idee, e dei programmi sul piano gestionale societario e calcistico; il confronto è serrato e di gente competente. Ognuno ha il suo spazio ampio. Lui, però, è rimasto il direttore bancario!". Immaginiamo il salto sulla sedia, quando il d.g. del blasonato club di via del Baiardo 25 leggerà la presente intervista. Intendevo, prima, i momenti difficili sul piano calcistico. Testa: "Pochi, per fortuna, agonisticamente parlando. Questa era una macchina che aveva pochi difetti, ed era aumentato del 90% il tasso di professionalità. Non scordiamoci che Paolo era il nostro simbolo di lavoro, Tafani fa il professionista, Lele Marra non è diventato preparatore della Roma, del Catania, oggi della Fiorentina, per grazia ricevuta e volontà della nazione. Un comparto di gente in gamba, dalla direzione sportiva a chi, in campo, ci mette del proprio. Le sconfitte? Non sono state brucianti più di tanto, se dici che hai perso col Pianura (2007, finale scudetto al Salaria Sport Village, n.d.c.) ai supplementari, e col Tor Tre Teste nella finale 2008, per un recupero prolungato di venti secondi, può succedere. E contemporanemanete andavamo bene in altre categorie, tutto insieme, tutto nel durante, nel mentre eravamo impegnati a seguire le vicende della Juniores". Poi una precisazione: "Non mettiamo in secondo piano i professionisti dati al calcio italiano. Non vedo altri nomi di società che abbiano contribuito con questa frequenza, da Desideri a Tempestilli, da Materazzi a tanti altri, compreso il vice-capocannoniere della B, Nando Sforzini, campione regionale con gli allievi nel 2001. In questi anni abbiamo fatto di tutto un po', Groppioni gioca in Ungheria, in Serie A, Napoleoni in Serie A in Grecia, in una realtà - il Levadiakos - che fa la Coppa Uefa. Abbiamo di tutto: Moscardelli, Freddi, Sini, Frascatore, Antei, abbiamo decine e decine di giovani che stanno facendo bene nei professionisti, che fanno parte delle squadre nazionali azzurre, per non parlare di quelli che operano in Serie D e in Eccellenza". Possiamo dire, ricollegandoci a ciò che diceva prima, che Giancarlo Ferzi detto Lallo, sia stato lungimirante almeno quanto suo padre Vittorio? "Lallo a prescindere che per me è stato un fratello, ma Lallo, a Tor di Quinto, è stato l'uomo della svolta, che ha fatto passare un settore giovanile mediocre ad un gruppo di squadre capaci di arrivare a risultati nei numeri e nelle vittorie ottenute sul campo; tanto è vero che il primo scudetto ottenuto sul campo (il secondo considerando il famoso ex-aequo ottenuto con un ricorso al volo presentato sul campo durante la finalissima della Spes Artiglio, anno 1990-1991, n.d.r.) ha avuto Lallo come allenatore". Torniamo, dopo tanti anni, a parlare di quel ricorso fatto di corsa, mentre una squadra romana si stava giocando lo scudetto. Merito di una società conoscitrice delle carte federale, di Gigantini o di tutti voi? "Di un gruppo di dirigenti attenti, pur nella tempesta. C'erano tutti i requisiti per farlo quindi decidemmo di proporlo e venne giustamente accolto, perché c'era stato tolto più di qualcosa in maniera impropria e indebita". Oltre l'apprezzato preparatore atletico di Serie A e B, come è, di carattere, Fabrizio Tafani? "Come me...(pausa)...è scontroso, nell'animo e uno che non disturba, che non si fa disturbare. Ha le idee chiare per cui sarà quello che dovrà portare avanti tutto il progetto nei prossimi anni, compatibilmente con gli impegni della Serie A. E' un gran professionista, e se ne sono accorte, le società prof. Poi quando si sarà stufato di correre sui campi di A e B, sarà lui a gestire il lato tecnico, la serietà, a proporre e costruire e modellare le idee targate Tor di Quinto”. E con lui? “Lorenzo, mio nipote, è diventato maggiorenne, e lo stiamo addestrando a diventare un buon dirigente”. Nei cinque anni aurei o meglio nei cinque campionati che vanno dal 2006 al 2010, avete giocato quattro finali scudetto, tre vinte, una persa dopo 120'. E clamorosamente, giocavate sui tavoli dei successi con i Giovanissimi e gli Allievi. Tutto molto bello, appassionante, affascinante, immenso. Ma proprio per questo non sarà mica un periodo così favoloso, il paragone per l'addivenire? Testa è diretto, e deciso: “E' stato un quinquennio storicamente irripetibile, per qualsiasi società. In cui siamo stati capaci di toccare l'apice della forza organizzativa, tecnica, logistica, in tutto. Una cosa spettacolare. Lì ognuno ha funzionato a mille, dal magazzino alla presidenza, dalla saggezza e dalla capacità di Guarracino di prendere giocatori di prospettiva e farli diventare GIOCATORI capaci di rappresentarci qui e in Europa, ai rapporti che ho saputo tenere con la ROMA e con la LAZIO. Facevamo le finali regionali partecipando allo stesso tempo a quelle nazionali, in due categorie su tre, come nel 2009 quando abbiamo conquistato il Lazio e l'Italia nella Juniores, e negli allievi abbiamo vinto il titolo regionale, e poi siamo arrivati terzi venendo eliminati dall'Accademia Internazionale di Beppe Bergomi, per un gol nella differenza reti. L'anno prima addirittura abbiamo vinto nei Giovanissimi e negli Allievi andando alle finali nazionali. Perdendo la finale regionale juniores per un recupero allungato”. Cioè abbiamo giocato 3 finali su 3! Potrà capitare, a livello regionale, a qualcun altro, o a noi? Non credo. Ma a livello nazionale di certo no! E mentre abbiamo fatto tutto questo, abbiamo dato giocatori che hanno militato nella Roma, nella Lazio a livello giovanile, finiti in Nazionale, che hanno giocato a Udine, al Cluj, al Grosseto, al Bari, nel Lecce. Per rispondere alla domanda NO, non ci sarà, quel paragone, perché nel calcio non si fa un'equazione logica, matematica. E allora il Milan, che non ha vinto il campionato per quasi dieci anni, non è stato più il Milan? La vita di un club è quello che fa, rappresenta, il suo inserimento nel tessuto sociale, sul territorio”. L'avventura della Promozione, come procede? “E' un progetto pensato perché è ora di crescere anche coi grandi, imparando a confrontarsi con campionati più impegnativi a livello umano, di rapporti. Sono tutti collaboratori di grande esperienza, come Domenico Catracchia, presidente della prima compagine; Elmo Antonelli, che è un grandissimo uomo e apprezzatissimo costruttore romano, che ci è molto vicino, con Catracchia, e con Minervini, tra i nostri sostenitori, che è un gran bravo ragazzo impegnato nel settore immobiliare: loro mi hanno indotto a fare questo passo. Credo che la serenità e la forza che ha questa squadra ci porti a fare esperienza per poi puntare a traguardi ben precisi. Passare dai ragazzini a gestire gente come Mazza, Neroni, Federici, Adornato, Palomba, Alessandri, è una cosa difficile: e noi da questa esperienza, vorremmo trarre il massimo degli insegnamenti e poi cercare di salire in una categoria più qualifica. L'obiettivo è questo”. Massimo Testa non manca di rifinire l'intervista con un paio di interessanti riflessioni: “Del Tor di Quinto, a Roma, si parla di come si parla della Lazio e della Roma. E' uno stimolo per far meglio, se siamo riusciti a fare cinque anni a quei livelli. Dovremo cercare di fare qualche stagione bella come quella, magari non pensare, non illudersi di compierle, di viverle tutte assieme. Il problema nostro è l'attuale fase di assestamento per cercare di sopperire alla mancanza di Paolo, anche se è una cosa impegnativa. Basta metterci tanta buona volontà”. E conclude: “Comunque non smobilitiamo niente, anzi, siamo in procinto di allargarci di qui a pochi giorni, con le strutture, perciò...”. L'acqua scende giù, copiosa. Tor di Quinto ha i semi radicati nel terreno del suo percorso, della STORIA del calcio, romano, regionale e nazionale, nel territorio. E pensa a ciò che sarà, che saprà essere, diventare”. Massimiliano Cannalire