Il “caso” inventato da un’errata e multipla delazione: Boville-Lenzini
articolo del 3/10/2008
Che il calcio regionale nel Lazio sia diventato chiacchierato da qualche annetto questo si sapeva e non occorreva scomodare dei laureati in Marketing e Comunicazione nella lontana Università di Berkeley, Stati Uniti d’America. Ma che si giungesse a un indecoroso quanto incivile rincorrersi di chiacchiere, alimentate da alcuni mascalzoni travestiti da commentatori del “dietro l’angolo” e da persone per bene operanti nel settore del calcio, e nello specifico in quello tecnico, questo pensavo fosse lontano anni luce. A sgomberare il lettore da ogni dubbio chi scrive è amico di diversi elementi del mondo del calcio, anzi Amico con l’iniziale maiuscola. Però i privi di spirito e imbecilli appartenenti al mio stesso settore sono sempre pronti a puntare il dito anche contro l’attività che uno svolge in maniera onesta e credibile omettendo casi illustri come “l’attacco” fatto a un altro Amico mio, Sergio Pirozzi, quando prese il posto alla Sorianese, che era di Claudio Fazzini, altro Amico del sottoscritto, dopo che io e il tecnico di Amatrice eravamo stati presi a spintoni nella culla della cultura cimina, al fischio finale di una partita contro il Guidonia (0-0), nella stagione del Signore 2001-2002. La panca, per la cronaca, Sergio la prese poco più di un anno dopo, nell’autunno del 2003. Sergio apprezzò l’onestà del sottoscritto, come la mise in evidenza in TV quando provarono a metterlo in mezzo a un caso costruito ad arte per motivi politici, contro di lui, VENTURINA-RIETI (ricordate?), smontato, pensate un po’, da chi firma quest’articolo che politicamente la pensa all’opposto di Pirozzi, e da un caparbio e illuminato collega di Mamma Rai, Emilio Albertario (capo-redattore di Costume e Società e tra i più esperti giornalisti del TG2). A tutti e due non piacque che si volle andare addosso per motivi differenti da quelli collegati al mondo del calcio al pacifico Sergio, persona rispettabile, bravo padre di famiglia e signor marito, e anche bravo tecnico. Fatte queste premesse, è anche Amico mio il signor Mario Lenzini, come Sandro Pochesci (che mi perdonerà se non anticipo il suo nome dal titolo di signore…), eppure io e Mariuccio litighiamo in quelle due volte alla settimana in cui ci si vede come nemmeno nella Guerra dei Roses accadeva. Lui presuntuoso ma preparato, io metodico ma rompipalle. Il caso che lo ha riguardato, il famoso caso Boville/Lenzini, lanciato anche su internet da superficiali e scarsi piloti di una penna, è stato incoraggiato, spinto da appartenenti al settore tecnico, arrivando al vilipendio personale, alla diffamazione sportiva e non, allo sputtanamento gratuito di un altro uomo e padre e marito come nostro Signore comanda, deciso lavoratore che ha la sola colpa di non partecipare a cene e cenette di scarso spessore calcistico ma, anzi, fatti di gran chiacchiere, non importa quanto destabilizzanti nei confronti e a spese di questo o quell’altro personaggio. Le cattiverie dette su questa storia da ridicoli esponenti del nostro settore sono state indecorose, con vil fare, pure da gente che, venendo a vedere la Coppa Italia, Almas-Boville era la gara, con un sorrisino isterico di mediocre “ominicchio”, domandava, a me e al collega Natali: “Dove è l’allenatore del Boville, cioè Mario Lenzini?”. La mia risposta fu: “Sta per arrivare. Tra poco se hai gli attributi ripetila davanti al diretto interessato”. Col cavolo, è stata nuovamente ripetuta, questa battutina assai modesta, davanti all’odierno tecnico ciampinese. Questo è un caso. E cosa dire del signor Ermanno Fraioli?, modesto tecnico che, nel bel mezzo dell’estate, a squadre praticamente fatte, salutava Roccasecca, giunta in Eccellenza, per andare alla ambita corte (all’epoca era così) di Boville Ernica? Fraioli disse a Rete Oro, e se volete esiste la registrazione: “Mi dicono che un certo Mario Lenzini sta venendo al campo da 15 giorni” quando, realtà dei fatti, l’ex tecnico del Civitacastellana conobbe a Tor Tre Teste, per un caffè dell’intervallo il massimo esponente baucano, Gianni Milani, anche lui, come chi racconta, testimone oculare di un’altra grottesca rappresentazione calcistica, in cui i giovanissimi atleti romani, appena rimborsati, misero alla stregua la corazzata ciociara per stessa ammissione degli sportivi dirigenti ospiti. Peraltro arrabbiatissimi coi loro altisonanti nomi, e gente che ha praticato campi di Serie C e D. In sostanza il 10 settembre, dopo aver ascoltato il pensiero e la testimonianza di tre o forse più giocatori del Boville, il Vice-Procuratore Federale, Dott. Gioacchino Tornatore, recapitava a tutti gli organi competenti e al diretto interessato, Sig. Mario Lenzini, l’archiviazione di un procedimento impostato, in pratica, dall’autunno scorso. Confermando che non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare tali da…. Mi verrebbe voglia di prendere la gente che ha incoraggiato la gogna, compreso uno che prima mandava messaggi a Sportinoro non firmati poi chiedeva una “spintarella” verso Gianni Milani, e porre parecchie domande. Nel mezzo è intervenuto lo stesso presidente del Boville che, lo ha dimostrato, ragiona, pur di tanto in tanto sbagliando, di testa sua. L’apprezzato imprenditore ciociaro è stato, anche lui Amico mio, da me criticato in sede televisiva, un paio di volte, e anche una parte dei dirigenti baucani, ma non per questo i rapporti si sono incrinati, anzi, quelli dotati di elasticità hanno apprezzato questa franco rapporto di scambio di idee. Oggi, a vicenda conclusa, con tanti sapientoni che hanno addirittura dato per scontato, anche via computer, che Lenzini avesse allenato il Boville, e in verità ha partecipato, da ospite, a una cena cui hanno preso parte tre soli esponenti del mondo dell’informazione, gli unici che non sono in pratica mai stati ascoltati, dai colleghi di Roma. I tre erano e sono: Valentina Cretaro, valida e giovane futura collega delle zone meridionali del Lazio, Sacha Sirolli, ammirevole collega del Messaggero, attento alle più piccole sfumature, e chi vi scrive, pazienti e gentili Lettori. In diversi “fenomeni” imputavano Lenzini come colpevole in un processo di chiacchiere più forte di una cosa mediatica, di certo meno controllata e più facilmente votata a un mercato di quelli in cui vale il “tutti contro tutti” perché ciò è diventata questa regione, per taluni alchimisti del pensiero calcistico. In questa assurda storia è anche successo… Dopo la foto di Fantera al posto di quella di Lenzini su un giornale ciociaro (evidentemente raccolta da un sito del Civitacastellana), il massimo della comica l’abbiamo raggiunta, scherzosamente parlando, a Lenzini già allenatore del Ciampino, con Barbabella impaurito (ne parlò con una collega, n.d.r.) perché pensava potesse portargli via quello scranno interregionale, cosa già fatta, involontariamente ossia per più esperienza e perché è bravo, da Fabrizio Perrotti. Per fortuna la brava Valentina ha immediatamente ricondotto alla strada reale il buon allenatore del Colleferro spiegando ciò che in parecchi sapevano già da qualche giorno. Mario se n’era andato a Ciampino, anche lì vessato e contestato da chi voleva portare i suoi scudieri, e abbiamo vissuto un’estate con uno spot perpetuo, su un giornale, in favore dell’amico di turno, e di merende, contro chiunque la pensasse come il Van Gaal dei tecnici laziali, che invece è un aspirante alla maglia rosa della voce esoneri. E allora, prima di fare il processo alle intenzioni di chi aveva, inascoltato dai più, provato a rendere onore alla chiarezza, occorrerebbe rammentare un articolo firmato da me su un Corriere di tanti anni fa, quando titolai “Bastone e carota”, per dire di quale pessimo carattere, in rari frangenti, si doti Lenzini, pur discreto, sul piano squisitamente tattico. Di certo persona onesta, massacrata dalla modestia umana, da quelle “belle personcine” vestite da seri uomini che non hanno avuto il benché minimo senso di un’immensa parola, troppo grande per loro: il coraggio. Di dire le cose in faccia, pur, per un periodo, passando per impopolari. Ma almeno, in quel caso,Uomini. Non ricordo, in tanti anni, una cosa così schifosamente gestita e messa in atto, con gente di calibro che credeva al primo fesso passante per la strada. Di un Lazio in cui, se uno ha avuto o ha il microfono davanti alla bocca, o una penna più o meno “pesante”, pensa, in un’improvvisa giornata di folle presunzione, di essere diventato Bruno Gentili o Alfredo Provenzali, o pace alle loro anime, Giorgio Tosatti e Sandro Ciotti. Ho la forte tentazione di ripetere quel quesito (all’epoca “coglioni, e adesso chi chiede scusa a Lenzini?”) dei giorni in cui Ricci fu preso per qualche fugace giorno alla corte ernica, si disse due o tre. E invece mi fanno tenerezza quei poveretti che, magari senza conoscere la persona, l’allenatore da lapidare – che nel frattempo non ha bisogno del calcio per campare, imprenditore di grande qualità quale egli e la sua gentile signora sono – hanno sparato contro uno assente, che non si poteva difendere. C’è chi, oggi, si deve vergognare, e anche tanto. E se Lenzini scegliesse le vie legali avrebbe ragione. Se non lo fa è lui un fesso, messo in piazza come è stato. Il campo, poi, dirà altro, sul calcio giocato. Che qui non era ne era né è in discussione. Non si parlava di ciò. Massimiliano Cannalire massimiliano.cannalire@calciolaziale.com
Vorrei ripetere la stessa domanda che posi sul sito www.sport-max.it non più tardi della scorsa primavera, quando fu acclarato, già da tempo, che Lenzini non fosse l’allenatore del Boville né lo era mai stato, nemmeno a un allenamento. Però la soddisfazione di essere stato l’unico, e non per Amicizia ma per aver vissuto la cosa percorrendo tanti chilometri, in questa regione, è più grande di quelle “urla nel silenzio”. Io provavo solo a dirlo civilmente, in realtà a toni bassi, e il massacro di Mario proseguiva con scarso senso di discernere a bugia dalla oggettiva verità, tanto per sparare contro qualcuno.