RIVISITANDO LA FINALE JUNIORES, A MEMORIA O CON LE IMMAGINI
articolo del 12/5/2009
QUELLE CHIAVI DEL SUCCESSO, COSI’ DISCRETE, ESSENZIALI. VINCENTI Sentirete dire che è un modo antico. Ma ha vinto in 17 anni 9 volte in regione, 3 in Italia Il Tor di Quinto che ha vinto il campionato juniores, se uno vede e rivede, a mente o con l’ausilio delle immagini, ha ottenuto il successo grazie a un intendimento corale della partita, alla buona preparazione atletica e all’attenta e duttile guida del più giovane allenatore capace di ottenere risultati che nessuno eguaglierà mai. Parliamoci chiaro. Se l’Eccellenza è, scorrendone la storia, Ugo Fronti, per due Coppe Italia regionale trasformate in allori nazionali, un campionato di Eccellenza vinto, e con lui Claudio Fazzini e Sergio Pirozzi (in due sei campionati vinti tra Eccellenza e Promozione con il secondo capace di riportare in C2 il Rieti dopo 67 anni!), Paolo Testa è la dimostrazione d’amore, riconoscenza, legame alla storia di una famiglia, gratitudine (termine raro nel calcio: non parliamone nel nostro settore, n.d.r.), avendo rifiutato sirene di tipo federale, distante, professionistico. Ha vinto tutto ciò che andava conquistato, dai giovanissimi, un titolo vinto tra i giovanissimi nel Lazio su due finali disputate, due su due negli Allievi, con la prima volta per il club del papà, di Massimo, nel 2001, appena dopo l’arrivo di Giampiero Guarracino a via del Baiardo 25. Nel primo caso battendo l’Aprilia (2-1 al BancoRoma, oggi Salaria Sport Village), nel secondo a Ciampino contro il Colleferro (2-0 con una rete, ma anche del talento evidente, che a Maraga è valsa la chance tra i club dei professionisti). Nella juniores ha vinto quattro volte in regione con tre sconfitte in finale regionale e uno scudetto in due finali giocate. Cifre da Europa, se esistesse un prolungamento europeo dei campionati giovanili. E chissà che un giorno Bruxelles non segua questa indicazione. Tornando alla valorizzazione della scuola di pensiero, tattica, di gioco, del Tor di Quinto, se l’appassionato normale uomo della strada legge il tabellino scorge, facile, il nome del match-winner, Valerio Del Vecchio. Ma se uno va a fondo sui contenuti, tecnici, tattici, atletici, mentali, di personalità messa sul piatto dell’economia della gara, si accorge che quel sistema di gioco targato Tor di Quinto è affatto trascorso, remoto, improduttivo. Oggi verrebbe da dire: “In piedi la difesa” perché è lì che il Tor di Quinto, come in un crescendo musicale rossiniano, ha vinto la sua sfida. Non nel leggere la partita con l’ammirevole Vigor Perconti nel limitarsi a spegnerle la luce. Testa, inteso come Paolo, ci ha messo del suo perché si tratta di giocatori universali, capaci di difendere, partire e contrattaccare, allargarsi e stringere, giocare di geometria ma anche puntare l’uomo. Il tutto con dei meccanismi simili a una formazione di nuoto sincronizzato, di quelle che solo nei minimi e rari particolari sbagliano, come è accaduto due volte nelle chiusure difensive, e in una di queste il tempismo di Daniele Rossetti è stato da applausi, nei primi 20’ del periodo iniziale. Le fotografie scolpite nella mente prima che catturate dalle immagini ci suggeriscono la bravura e la puntualità di Marcio Cruz Do Adro, un signor libero, la tenacia di Pisapia, il coraggio e la non comune puntualità di quello che, con Commini, è tra i meno reclamizzati ma in assoluto il più efficace, dei giocatori visti in occasione dell’ultimo atto. Parlo di Andreani, quello che non ha avuto tanta eco ma che ha disputato una partita da piccolo, grande difensore. Non esagero se paragono la prova del reparto difensivo a dei giganti in…miniatura, con il numero 2 che ha dimostrato di avere dei movimenti, per puntualità, pulizia nelle entrate, degne del miglior Franco Baresi. Con lui, e con Cruz, Pisapia, l’efficace Pisapia, il generoso Kunin, tradito da una caviglia messa male nell’attimo più inidoneo, ma determinato al punto da offrire la sua voglia di dare un contributo alla causa dei rosso-blu di Bordo Tevere. Per questo ho rivisitato le singole caratteristiche nella sicurezza che si tratti di interlocutori intelligenti e, nonostante l’età, saggi al punto da migliorare i difetti, pochi, rari, emersi nell’ultimo atto in regione. Tanto per i vincitori valga questo ragionamento quanto per i vinti fino a giungere alla terna arbitrale. Cominciamo questa sera ripercorrendo il cammino dei singoli campioni. IL TOR DI QUINTO NELLA VERSIONE AUREA Rossetti 7 Dà una solida garanzia e l’unico intervento di livello è il ruzzolone sui piedi di Righetti, quando, compresa l’antifona, intorno al 20’, Corsi si traveste da rifinitore. Poi, nel finale, non rischia smanacciando. Ha personalità, ha la buona sfrontatezza di chi, pur non alto come Meneghin, vuole dimostrare di comandare dal disco di rigore all’indietro. Guai a metterlo in dubbio. Un atleta dal percorso costruibile, ai piani di sopra. Seguitelo. Andreani 8,5 Un gigante. Uno che, in mezzo a tanto rumore fatto su Corsi, è stato uno dei primi due in senso assoluto. Ha preso, da subito, le distanze al centravanti avversario, smentendo il mismatch (squilibrio in centimetri, dal basket) naturale che esiste tra la sua statura e quella del numero 9 azulgrana. Lo costringe al fallo in almeno quattro circostanze nel solo primo tempo, gli porta via praticamente ogni pallone di testa che va a cercare la punta della Vigor nel ristrettissimo spazio. Con Corsi costretto a lavorare, sempre, spalle alla porta. L’unico errore l’ha commesso con Cruz, e ci ha pensato Rossetti. Nella seconda parte non ha sbagliato praticamente nulla inseguendo una sola diagonale imperfetta, di testa, aiutato da Pisapia e Commini. Premesso che l’ingresso era gratuito in favore delle famiglie et moltitudini calcistiche romane e laziali, forse la SIAE non se n’è accorta ma ha reso Corsi spettatore non pagante. Cancellandolo. Se chiedete quale siano le chiavi del successo del Tor di Quinto, una è Andreani. Prova da cassettare per insegnare come si marca un avversario temibile. Kunin 6,5 Generoso, difficile da superare, determinato, esce dopo aver fatto vedere di che pasta è fatto. Un giocatore che, fin dai campionati precedenti, si è ritagliato il suo spazio, dispensando una buona mole di affidabilità. Maxim 7,5 Il ragazzo che viene dalle strade, dai vicoli di Labaro, che ha conosciuto il calcio e il Tor di Quinto quali grandi compagni da affiancare allo studio. Un giovanotto di origini rumene che, come è successo a tanti, nella storia dei rosso-blu, si integra bene. Dimostra che uno che nasce centrocampista di potenza può adattarsi a terzino di fascia sinistro. Ha giocato una gran partita, da veterano, eppure era tra i meno attesi, noti. E’ stato, al contrario, tra i più costanti, presente in tutti i contrasti che passavano dalle sue parti. Un giocatore di grandi potenzialità. Poggi 7,5 E’ stato un trattore, uno di quei giocatori che vorresti sempre nella tua squadra. Presente in ogni dove, deciso, non plateale, nelle entrate, non falloso; ha recuperato una miriade di palloni, ha lavorato coi compagni di reparto, ha dettato i tempi pure partendo da una base di interdizione. Ha preso per mano un pacchetto intero e ha messo sotto il centrocampo della Vigor costringendo la squadra avversaria a frequenti lanci dalle retrovie. Improduttivi. Quando il Tor di Quinto si è disteso, ad aiutare le scorribande di De Rossi c’era spesso Poggi. Pisapia 7 Chi si aspettava una bella prova difensiva non è rimasto deluso. Stefano Pisapia è uno di quelli dal rendimento regolare. Ha chiuso su ogni varco, si è prodigato ad aiutare i compagni, alla bisogna. Ha sbarrato la strada con grande precisione. Cruz 8,5 Di lui si dice un gran bene da quando faceva i Giovanissimi. Uno che sa guidare la difesa, che sbanda solo una volta, in tutta la gara, e la toppa ce la mette il portiere. Ha la carta d’identità tattica da libero del Tor di Quinto. Prova di grande spessore, tattico e di efficacia. Gli attaccanti hanno vita difficile già a saltare i tre marcatori – in partenza Andreani su Corsi, Pisapia su Righetti, Kunin su Mattarelli – figurarsi uno con i tempi di Marcio Do Adro Cruz. Che giocatore! Frezza 5,5 Non stava nelle migliori condizioni, e si vede. Perde troppi palloni e si adagia su passaggi facili facili. Ma si vede che non riesce a saltare l’uomo, e allora si spera che replichi, con maggiore partecipazione e rapidità, come si è visto in passato, nella fase finale. Se ha orgoglio, è il momento di metterlo in campo, con delle qualità assenti, contro la Vigor Perconti. Antei 7 Il giocatore classe 1992 è stato gettato nella mischia e lui ha ricambiato con grinta, irruenza, perdendo sì qualche pallone, ma disputando una signora ripresa (entra al 7’ s.t. al posto di Frezza). Veloce, efficiente. Commini 9 Ha chiuso tutto ciò che andava neutralizzato. Bravo in fase di interdizione e di recupero dei palloni, ha anticipato spesso gli avversari incoraggiando delle sane geometrie. E sono cose che fa da quando era giovanissimo, tre stagioni or sono, andando a vincere il titolo regionale contro il Savio. E’ un mistero come i club di C del Centro Italia tutto, e di D della nostra regione, non ne siano andati a chiedere i servigi. E’ un ’91. E a guardare le difficoltà delle laziali impegnate in Interregionale fa tristezza, che non sia cercato. Durante la partita ha rappresentato quello che un allenatore e una società si aspettano: un giocatore moderno, completo. Di raro senso tattico. Semplicemente pronto per il professionismo. Se ci credete bene, sennò è un problema vostro. Pischedda 6,5 Un giocatore che entra e vorrebbe spaccare il mondo. Poi smette di pensare a fare tutto e fa quanto Paolo Testa si aspettava. Il guastatore pronto alla ricerca del terzo gol, per non far comprimere la sua squadra negli ultimi trenta metri. Del Vecchio 8 Diciamo che un numero 9 meriterebbe lo stesso riferimento nel voto. Propendiamo perché prosegua a spalancare la strada davanti, dove ha validi aiutanti e partecipi al bel gioco, alla velocità, nei passaggi in verticale come nell’esecuzione. Segna il primo gol alla Gilardino, difendendo la posizione, subendo una trattenuta quando già è girato per tirare. Il secondo gol è merito di Di Benedetto e lui ha il grande intuito di seguire l’azione, da solo, battere a rete una prima volta, e una seconda spingendo la palla oltre ogni equivoco, al di là della linea bianca. Tanto per mettere le cose in chiaro, come ha fatto 30 volte in 24 gare giocate. Poi ci sono i gol fatti in Promozione e soprattutto, in due anni di juniores, ne ha segnati 64. Cifre da gran giocatore. Per il campionato con il doppio impegno merita un 9, per la gara 8. Con la speranza rosso-blu che faccia dell’altro. De Rossi 7,5 La Lazio se l’è fatto scappare. E fin qui nulla di eclatante. Ma tutte le altre realtà romane? Ha scelto una grande società per le forti motivazioni che offriva, per far tornare a giocare quello che, possibilmente, può diventare un piccolo Kaka. Ha i numeri e li mostra, e anche quando perde qualche contrasto, gli viene perdonato dalla platea teverina. Il Tor di Quinto porta a spasso tanti palloni con lui e la Vigor Perconti soffre la superiorità che crea a sinistra e in mezzo. Gioca con disarmante facilità ed è irritante quando fa sedere mezza difesa senza concludere dando la chance a Ciampini di chiudere. Di Benedetto 7,5 Talento puro, in verticale va come una lama nel burro. Un giocatore di grande impatto, che corre e fa correre tutti. All. Paolo Testa 9. Come si fa a dire no al Centro Tecnico Federale, eventualmente alle rappresentative, e a realtà dei professionisti? Nel nome del nonno, del padre e di quel sacro furore che significa essere Tor di Quinto, rappresentare il Tor di Quinto, portarlo in quota e farcelo rimanere quanto più a lungo. Quattro finali vinte, tre perse in regione, due titoli con gli Allievi, uno coi Giovanissimi che, per uno sbadato fallo di Ciavarro nel primo di due minuti di recupero, a momenti non diventa finale per lo scudetto a Moena nel 2006. E ancora due Supercoppe e diverse volte premiato con il Trofeo Mid Sport, una sorta di seminatore d’oro per quasi un decennio. La critica non gli rende la giusta misura nel dire “bravo”. Lo fanno i risultati, la sua determinazione, il non guardare in faccia chi gioca al di sotto, la convinzione nei mezzi di chi gestisce, la psicologia di motivarli tutti, con un’innata voglia di vincere. E per quella invidiabile serenità che dimostra di avere, non soffre il paragone con il celebre genitore, con cui ha costruito una storia destinata a rimanere scolpita, dal cancello alla parte più settentrionale del Tevere. Riservo queste righe di chiusura a uno severo, forte, astuto come un volpino, conoscitore del giocattolo-pallone, e della voglia di continuare a vincere. Un altro spesso ingenerosamente paragonato al padre, quasi con voglia di sminuirne l’operato. Al più grande direttore sportivo che abbia mai avuto questa regione: Giampiero Guarracino, voto 9, come gli anni vissuti con grande grinta. Astuto, paravento, osservatore, che incarna come nessuno, forse, ha saputo, il Tor di Quinto-pensiero. Al grido di: “Mi sono bevuto il mio bicchiere di……, adesso posso tirare fuori dal secchiello del buon vino”. Ovviamente, da quelle parti, è rosso. La Primavera è tornata. Chi ha l’abitudine di frequentare il palcoscenico ha saputo uscirne quando battuto, e mostrare l’umiltà dei grandi nell’attimo dei (tanti) trionfi. Non è da tutti. Nemmeno in questo Tor di Quinto e il Tor di Quinto sono una “cosa” comune. Ma non c’è un fattore che possa essere discostato dall’altro, tra quelli raccontati. Per gli altri – alla solita domanda: “Come fanno a vincere sempre? O a raggiungere le finali con questa costanza?” – ci vorrebbe un’altra notte. E’ già tardi. Già domani. Massimiliano Cannalire