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PENSIERI DI UNA DOPPIA FINALE DI PRIMAVERA: COSA CI LASCIA TOR DI QUINTO-VIGOR PERCONTI


articolo del 14/5/2010

PENSIERI DI UNA DOPPIA FINALE DI PRIMAVERA: COSA CI LASCIA TOR DI QUINTO-VIGOR PERCONTI
articolo del 14/5/2010


 PENSIERI DI UNA DOPPIA FINALE

DI PRIMAVERA

a cura di Max Cannalire

 

Diversi, i pensieri lasciati da questa doppia finale. Tor di Quinto-Vigor Perconti, un anno dopo. Stessa vincitrice, eguale il risultato, e anche quest'anno una rete per tempo, con la differenza che l'1-0, dodici mesi fa, arrivò alla fine del primo tempo, e questa volta di fatto subito. La volontà della Vigor Perconti di sorprendere ancora una volta tutti, andando a vincere sul campo della Nuova Tor Tre Teste, presupposto per tentare la carta di una seconda sorpresa. E nella gara di Marino questo non capita per l'inconsistenza in attacco, per le assenze, per altri mille motivi. Il Tor di Quinto ha vinto un'incredibile annata, iniziata con dei rilevanti infortuni ai suoi uomini-chiave, come Commini, che si “è fatto il ginocchio”, come si dice in gergo, e come De Rossi. Roba da brividi. Il numero otto per antonomasia ha ripreso, nel silenzio del campo Vittorio Testa, a lavorare sodo, consapevole, lui come altri, che potrebbero in diversi essere impiegati nella fallace avventura della Promozione, una barca che, un anno dopo, ancora rischia la retrocessione. Un anno fa era la Boreale, nella seconda categoria per ordine di importanza, questa volta sarà la Vis Aurelia, che attende pure il ricorso per verificare dove e come giocare la prima e la seconda gara di spareggio. E la sfida con la squadra sarda che è già alle corde, e non c'è nemmeno il tempo di farsi una passeggiata.

La Vigor Perconti prosegue nelle sue frequentazioni d'alto bordo, che l'hanno vista battuta nel 2003 dalla Romulea ai tiri di rigore nei giovanissimi, una gara con una doppia ammonizione, a Turay, mai espulso, e che è rimasta sul gozzo al buon Maurizio, presidente e imprenditore, ma soprattutto innamorato di questo gioco. La sua creatura ha perso tre finali ma sono convinto che non cadrà nell'insana e mediocre tentazione di qualche illustre scienziato della media periferia romana, di cambiare atteggiamento una volta vinto qualcosa. Ecco uno dei motivi per cui il Tor di Quinto e il Savio hanno calamitato buona parte della stima tributata a Massimo Testa e Paolo Fiorentini: il vivere con dignità una sconfitta, e farsi un esame di autocritica anche severo, feroce, e il rimanere coi piedi per terra per una vittoria, senza che l'aver vinto possa scalfire un fatto. Quello, al mattino, dopo, di essere lì, pur ritenuti di settore giovanile dilettantistico, dei professionisti che fanno calcio per mestiere, per dare continuità, non solo dinastica ma disciplinare, a un'idea di come si gestiscano le cose in questo sport. Sono profondamente convinto che, prima o poi, arriverà la giusta soddisfazione tesa a premiare l'umanità, la bontà nei rapporti e le cose positive costruite da Maurizio Perconti e dalla sua famiglia, perché si sbrighi a confrontarsi con il successo e con il doversi confermare a questi livelli. Il campo già ha battuto le mani ai percontiani, perché giocare per due anni di fila l'ultimo atto in regione è riuscito a pochi altri. Al Colleferro di Mucci, che vinse nel 1987 e l'anno dopo, prima contro la Cynthia Genzano poi con l'Almas; al buon Lallo Ferzi, che per tre anni a cavallo tra il 1993 e il 1995 vinse, unico nel suo genere, tre finali su tre, contro Macir Cisterna, Anagni e Nettuno. All'Almas, che visse tre finali, una persa e due, di fila, vinte, tra il 2001 e il 2003. Nel primo caso perse al Bancoroma di Settebagni nei minuti finale dall'Albalonga (4-3) per un palese errore della coppia centrale di difesa, salvo poi battere il Tor di Quinto nel 2002 con Angelo Grande allenatore (1-0, autorete di Scrivo su rete di Cavallari al Tre Fontane), e l'Anziolavinio, l'anno dopo con lo stesso punteggio, gol di Tamaro al 52', con Bibi Durante sulla panchina bianco-verde.

Il ciclo più grande di ogni tempo l'ha costruito l'architrave rappresentata da Massimo Testa dietro la scrivania, Giampiero Guarracino nella cabina dell'ammiraglio Nelson, e Paolo Testa in panchina, giunto questi al settimo atto finale in regione. Significa che ha vinto per ben cinque volte negli ultimi due anni e che, quando ha perso, le avversarie di turno, il San Lorenzo versione 2005 di Marco Ippoliti, la Nuova Tor Tre Teste del 2008 di Alfonso Greco, hanno conquistato due scudetti. Cifre importanti, che nessuno raggiungerà mai. Ma la Vigor, con dignità, con umiltà, con voglia di essere e restare non uno sparring partner bensì una protagonista, può dire la sua facendo una valutazione su tutta l'attività, che comprende l'aver raggiunto le finali dei giovanissimi e degli allievi. E se c'è un Tor di Quinto che si presenta col miglior vestito ma anche con i migliori contenuti, bisognerà pure farsene una ragione. Come dice un illustre collega, Cesare Lamonaca, “questi fanno calcio, altri vorrebbero”. E come dico io...c'è chi va in ferie e chi, di 15 agosto, è lì, al chiodo. I successi non si ottengono solo sbandierando la programmazione, ma vivendola, sentendosene parte, respirando ore teoricamente da destinare al privato e alla vita mondana, sacrificate, in realtà, per un'idea. Fare calcio. Vincendo.

 

 

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