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A NOVE ANNI DA ANTONIO SBARDELLA


articolo del 14/1/2011

A nove anni da Antonio Sbardella Il 14 gennaio dal 2002 non è un giorno qualsiasi. Nella notte tra il 13 e il mattino successivo, infatti, Antonio Sbardella si è spento, al Fatebenefratelli, e, nelle primissime ore del mattino, ci fu uno spontaneo pellegrinaggio al Fatebenefratelli, Isola Tiberina, di tanti amici che Antonio ha saputo frequentare, con affetto, con stima reciproca; gente semplice del calcio, che ha voluto tributare gli omaggi e gli onori del caso all'uomo, prima che al grande fischietto e al popolare dirigente che Antonio è stato. Sembrava un Capo di Stato, quasi fosse in posa, quando l'uomo comune dello sport decise di stringersi, con tanti altri, intorno al feretro e alla famiglia. Antonio Sbardella nacque a Palestrina il 17 ottobre del 1925 e da giovane giocò in porta con la Spes Artiglio, subendo poi un infortunio che lo portò a fare il corso per arbitri. Ci è arrivato tardi, nel mondo dei fischietti, eppure riuscì ad arrivare al Campionato del Mondo giocato in Messico, nel 1970, culmine di una brillante carriera. Divisa come popolarità con un arbitro del calibro di Concetto Lo Bello: due elementi di grande carisma, di sicura personalità, che hanno effettuato un grande percorso tecnico e da dirigenti, nel mondo dello sport, se pensiamo che il siciliano sarebbe diventato, di lì a pochi anni, il numero uno federale nella pallamano. Mentre Antonio Sbardella passò alla Lazio, che costruì sotto la gestione di Umberto Lenzini già dal 1972-1973, mettendo insieme quei tasselli che, al secondo tentativo, portarono i bianco-celesti di Tommaso Maestrelli al primo scudetto della storia del calcio. Un grande aneddoto, facendo dei passi indietro, riguarda la sua permanenza in terra messicana (1970). Nel piovoso pomeriggio del 16 gennaio 2002, un mercoledì, alla chiesa romana di Nostra Signora di Guadalupe, dopo la funzione, all'uscita, un commosso ma composto Nando Martellini raccontò in diretta radio di.... “quei due giovani scavezzacolli capaci di trascorrere lunghi periodi a Natale a Roma come in ferie, l'estate, in quel di Palestrina, paese natio di Antonio. L'episodio che il celebre telecronista dei Mondiali del 1982 e di tanti anni passati in RAI volle evidenziare è il seguente: “In occasione della semifinale con la Germania, al gol di Rivera, per dirvi lo spessore di Antonio e l'attaccamento alla Nazionale di calcio da tifoso, lasciò l'aplomb che deve sempre avere un arbitro e, sul 4-3, esultò con me, abbracciandomi, ben consapevole che, in quel momento, svaniva il sogno più grande di un arbitro. Quello di dirigere la finale di un campionato del mondo”. La carriera da arbitro non è stata sempre rose e fiori, e Antonio l'ha in precedenza vissuta con grinta, senza farsi prendere a male parole dai giocatori: in un Palermo-Napoli venne salvato, dopo un gesto poco astuto di Altafini verso i tifosi siciliani, dall'intervento di un colonnello della Guardia di Finanza sceso dentro la Favorita con un elicottero per portarlo via. Ha impiegato otto anni per arrivare alla Serie B con Novara-Brescia, e nel 1959 inizia in serie A un'ascesa di ben 11 anni, con Fiorentina-Atalanta. Una salita che termina allo stadio Azteca con Germania-Uruguay vinta dai tedeschi per 1-0. Sfida che 40 anni dopo si ripeterà in Sudafrica con la stessa nazionale vincitrice (4-2). Da ricordare, nel 1966-67, il premo Mauro che Antonio Sbardella vince quale migliore arbitro in attività. Al termine del cammino da arbitro avrà diretto 167 partite in serie A e 70 incontri internazionali. Dopo 20 anni termina il cammino con il fischietto e inizia quella da dirigente. Da dirigente bianco-celeste Sbardella fu portato da Lenzini alla Lazio il 27 maggio 1971, dopo la retrocesione, e portò Maestrelli a ricostruire quella Lazio. Se da arbitro l'esperienza lo portò ad essere più elastico pur con fatica, utilizzando poche ammonizioni e provvedimenti sommari, da direttore sportivo fece deferire Chinaglia, quando questi chiese di essere ceduto. Ebbe ragione anche quella volta. Con Lenzini ci furono scontri di carattere perché Sbardella rimproverava al Sor Umberto di essere permissivo. E a Terni, nel 1971, voleva far deferire tutta la squadra che non intendeva partecipare al ritiro in assenza dei premi da ricevere per la qualificazione ottenuta in Coppa Italia. Di lì in poi avrebbe costruito una Lazio coesa come poche, nella sua storia, fatta di talenti difficilmente riscontrabili, in altre situazioni e altri periodi, come Re Cecconi, D'Amico, l'irrequieto Chinaglia, il portiere Pulici, Garlaschelli e tutti quelli che giunsero allo scudetto del 1974, anche se andò via, ufficialmente, qualche mese prima perché la cordata messa in piedi e che avrebbe affiancato Lenzini non resse. C'era poi quella voce per cui la Roma di Anzalone l'aveva contattato, che non andò giù a Lenzini, e lui si dimise. Ma dall'altra parte del Tevere durò solo 24 ore: era troppo....laziale! Nel mondo degli arbitri Antonio Sbardella c'è stato dal 1978 al 1983 come responsabile regionale, poi diresse la Divisione Calcio a 5 dal 1989 al 1992. Anno in cui diventa presidente regionale della F.I.G.C. con il nascituro campionato di Eccellenza, iniziato qualche mese prima (1991). E' stato eletto per tre mandati: il primo dal 1992 al 1996, il secondo dal 1996 fino al 2000; il terzo non lo sarebbe riuscito a portare a termine, per un male inguaribile. E' stato assistito fino alla fine dal Professor Francesco Bracci e, come riportava il Corriere dello Sport il giorno del funerale (16/1/2001), fino alle 13 del giorno prima aveva la radiolina sul comodino per ascoltare le radiocronache delle “sue squadre”, dimostrando, una volta di più, una passione non capace di essere confinata, nemmeno dal dolore e dalla consapevolezza di essere pronto ad andarsene. La notizia arrivò alle 5.20 del mattino, quando mi chiamò Sergio Pirozzi, uno dei tanti che a Sbardella deve dire grazie per la saggezza e i suggerimenti datigli da amico e concittadino, per tre mesi, della sua Amatrice, di cui oggi il tecnico è primo cittadino. Si fece cremare e le sue ceneri riposano nel cimitero di Preta, struttura in via di allargamento. Sono in tanti, ancor'oggi, a dovergli dire grazie. Di certo il calcio regionale che, con lui e i suoi collabortori, ha avuto una migliore quadrata e riorganizzazione. In sua memoria è stata organizzata una fondazione. Massimiliano Cannalire

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