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LA POLEMICA: L'URLO DEL GAETA NON E' L'UNICO DISSIDIO


articolo del 18/8/2011

L'URLO DEL GAETA. MA NON SOLO.

Anche qualche voce dal girone in

prevalenza laziale si eleva,

sulla grazia ricevuta dallo Zagarolo

 

C'è una polemica, poco nascosta, in verità, su come abbiano fatto i gironi quelli della Lega Nazionale Dilettanti. Ognuno è libero di fare come ritiene opportuno, avendo il potere in mano, tanto le società si lamentano nelle sedi esterne ma le rimostranze di rado vengono prodotte durante le assemblee federali, vedi anche qualche noto club di Eccellenza laziale.

Ha urlato il Gaeta, perché secondo Iezzi, suo presidente, è stata penalizzata. E probabilmente ha ragione, visto come è composto il raggruppamento. Si parla sempre di agevolazioni territoriali, di fare fronte alla crisi aiutando quelle che vanno in Sardegna, di tante belle cose, poi scopri, effettivamente, che ai bianco-rossi del "povero" Pasquale Iezzi e di Leopoldo "Leo" Ciprianetti tocca arrivare a Martina Franca, Casarano, Grottaglie, nella splendida Puglia, nelle parti tra le più belle, fossero soltanto turisti, del "Tacco d'Italia". Un girone con spremute di Campania, Caserta, Internapoli e via dicendo, con altra Puglia come Trani, la polisportiva Brindisi, gioiello del Sud, e compagnia bella.

La polemica, però, nasce da come sono state distribuite le forze tra il girone E, quello umbro-toscano-laziale, e il "G", in cui la presenza delle laziali rappresenta la maggioranza assoluta, con 10 squadre su 18!

E qui nascono le perplessità di alcune rappresentanti di questa pattuglia: perché lo Zagarolo è stato inserito in un girone comprendente Viterbese e Civitacastellana, le squadre di Umbria e Toscana, vista la sua strettissima vicinanza con Palestrina (7 forse 8 chilometri, n.d.r.)? Non è una perplessità ma una naturale deduzione logica, che farebbe pensare a un'espressa richiesta da parte del sodalizio dell'appassionato Enrico Folgori, peraltro accontentata dalla solerte e geograficamente impreparata Lega Nazionale Dilettanti. Diversamente non si potrebbe spiegare una così palese distorsione geografica figlia di una logica che logica non è, che sembrerebbe "giocare" con l'intelligenza di chi, i presidenti delle laziali di certo, nella maggior parte dei casi, questo movimento lo sostiene con soldi veri, pure in periodi crisi, per una passione, forte, e per discorsi ruotanti intorno al calcio. E non veniteci a parlare di dilettantismo. In un mondo realmente dilettante, di concetto, queste cose non succederebbero.

C'è, poi, una scuola di pensiero - e in parte è anche la nostra - tendente a pensare che giocare con le formazioni umbre e toscane, salvo qualche raro caso, significhi giocare a calcio, non a pallone sui campi caldi, talvolta roventi quanto esagerati del Meridione d'Italia e, ogni tanto, anche della nostra regione. E per giocare a calcio ci vuole, adesso, una duplice spinta, da parte dell'U.S. Zagarolo. Primo pensiero: per giocare - e bene - a calcio, senza Lollo Amassoka, Valerio Campana, Simone Paglia e qualche altro, occorre presentare una formazione almeno discreta, tosta, come in terra zagarolese sono stati abituati i suoi convinti sostenitori. E quindi il campo dirà se sia una cortesia ben riposta o meno.

Secondo: inevitabile, lì, come in giro per il Lazio, che si applichi all'attuale, nuova gestione, un paragone con la famiglia Paglia, storicamente capace di gestire un giocattolo portato dalla 2° categoria alla D in pochi, davvero pochi anni. Un'eredità che deve essere tra i primi stimoli per l'ex dirigente della Cisco Roma. Il quale, siamo certi, raccoglierà questa sfida.

Intanto lo Zagarolo si è preso un vantaggio, chilometrico, ambientale. Osereste affermare, mappe alla mano, considerazioni di paragone sui campi da affrontare, una cosa differente da questa?

Massimiliano Cannalire

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