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L'aquila laziale che è arrivata a Teheran, ora prova a portare fuori dal Lazio l'Albalonga


articolo del 28/11/2011



L'aquila laziale che è arrivata a
Teheran, ora prova a portare
fuori dal Lazio l'Albalonga


Intervista (NON ESCLUSIVA) a Giuseppe Di Franco, mister in continua evoluzione: "Se ti fermi sei finito. Ecco perché prendo appunti..."




Roma, quartiere Flaminio


A un amico che chiedeva: "Ma lavori di lunedì?" rispondessi io, sarei trascendentale. Se risponde Beppe Di Franco, allora, la cosa è più allegra, per uno che ha fatto 20 anni di professionismo tra la Lazio Allievi e quella Primavera, tra la C2 e la C1, con un passaggio anche in Iran, a Teheran. E da quest'estate, dopo lo stupendo terzo posto col Pisoniano, il diretto interessato è stato su tanti campi della regione, periferici e reclamizzati, come a Rieti quando l'ho beccato dall'alto della tribuna stampa a prendere appunti, nella gara di coppa vinta dalla formazione di Palombi e mister Paris su un'irriconoscibile Lupa Frascati. Anche lì ha risposto: "Prendo appunti, per non rimanere indietro. Perché se perdi il passo dopo diventa difficile controllare il percorso dei giocatori, come vengono messe in campo le squadre, e le varie sfumature. Non mi piace lasciare le cose al caso, per una mia conoscenza personale, al di là se poi uno venga o meno chiamato a lavorare. Perché per me è un lavoro".
A chi lo dice, mister... A proposito, dopo tanto itinerare subentra in corsa, non una cosa abituale, per uno come lei...
"Effettivamente mi è successo poche volte di subentrare ma so cosa significhi essere esonerato, non per demeriti ma per un giochetto che, in serie C, c'era sotto. Mi spiace per Francesco Punzi e io sono fatto così, e non riesco a essere ipocrita".
Cosa ha significato attendere in finestra, per diverso tempo, dopo il bel campionato fatto lo scorso anno col Pisoniano?
Di Franco è diretto: "Non solo il grande campionato col Pisoniano ma ho dimostrato che qualcosa ho imparato, dopo essere stato coi Professionisti, dove sono stato per 20 anni, tra settore giovanile, C1 C2 Casertana, all'estero; poi ho deciso di tornare in zona per esigenze familiari che sono quelle che sono, e piano piano mi hanno conosciuto anche nella nostra regione. Per me rimanere senza impiego è stato motivo di grande riflessione e anche un po' una cosa triste, perché mi sono detto "mi conoscono poco ma quel poco l'ho fatto bene". E ho sempre rispettato tutti. Senza dimenticare una cosa: della dignità ho fatto la mia forza".
Quante volte è capitato che abbia visto l'Albalonga, in questa stagione?
"Cinque, sei volte ma non come persona di punta perché anche a Rieti quando ci siamo visti ero lì per prendere appunti, leggere le partite dalla tribuna, e poi le elaboro sul computer, per sviluppare una mia idea di come ho visto il calcio. Stesso discorso quando ho visto Civitavecchia, Flaminia Civitacastellana, e altre tra serie D, Eccellenza. Una gara alla mattina, una al pomeriggio così guardo quattro squadre. Sono convinto che il calcio sia uno studio continuo; perché se ti fermi sei perso, devi stare al passo coi tempi, sennò sei finito. Ma non ho visto solo queste partite ma anche partite di Promozione, sei sette partite: Bracciano, Fregene, Roviano, La Sabina e il campionato juniores. Perché ti segni qualche giocatore, qualche giovane, questo è il mio lavoro, e io lo faccio a tempo pieno".
La rosa va bene così per quanto possa averne parlato coi dirigenti?
"Abbiamo parlato però sono convinto che la rosa così come è molto importante, e mi auguro che resti questa, fino alla fine per dare alla società le soddisfazioni che merita".
Oggi il telefonino le squilla con un'incredibile frequenza (l'intervista è stata fatta sul fisso, n.d.r.).
"Fa piacere anche se altre volte mi arrivavano meno telefonate...., pur se una parte di queste contenevano stima, tante altre cose, pensieri, valutazioni. Oggi è normale, poi una grossa piazza come l'Albalonga fa richiamo, fa più richiamo. E' normale".
Mi viene in mente di dirgli che la notizia del giorno è la scomparsa, prematura, di Maurizio Maestrelli, figlio di Tommaso, e lui, ahimé, non lo sapeva...
"Ma come? Ho visto il fratello al Futbol Club, recentemente. Allora era Maurizio a non stare bene". Toccato nell'animo l'uomo Di Franco afferma, con grande umanità: "Io li conoscevo da ragazzini e sono arrivato poco dopo che il Padre era morto. Che brutta notizia".
Decidiamo di tornare a parlare di calcio Che idea si è fatto di questo girone A, quest'anno?
"E' sempre e comunque un buon girone, valido, come tutti gli anni. C'è un girone che è un po' più ruspante e uno più tecnico. Il girone A è più tecnico".
Un pensiero per la prima della classe, che con lui lo scorso anno, dietro a Palestrina e Civitavecchia, autrici di un girone di ritorno incredibile, era arrivato sulla piazza d'onore... 
"Sono contento che il Pisoniano stia andando bene. Ho lasciato persone per bene e amici, lassù, e siamo stati in grande sintonia. C'è della sana passione, ci sono dei grandi personaggi e dei bravi giocatori".
Cosa le ha chiesto di fare, di ottenere, l'Albalonga?
Di Franco non ci gira più di tanto intorno: "L'Albalonga mi ha chiesto di fare bene, perché i dirigeni hanno la solita ambizione, tutti gli anni, e di farli divertire; fare un buon campionato, senza trascurare l'idea di poterla riportare quanto prima in serie D".
Diretto, sincero, sereno, spontaneo, anche quando ammette, col sorriso, di interrompere, senza problemi, il meritato pasto, dopo una giornata impegnativa, intensa. Questo è uno dei viaggiatori del calcio della nostra regione, il Marco Polo guardato da tutti con ammirazione, quando andò a Teheran, non in un posto qualsiasi. A Raffaele Russo, Alessandro Bianchi e al primo tifoso bianco-blu, Bruno Camerini, basterebbe che la loro creatura tornasse a parlare una lingua...interregionale. Senza esagerare sulle distanze.

Massimiliano Cannalire

 

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