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JUNIORES, UN TESORO DA SALVAGUARDARE


articolo del 11/9/2012



Convegno "Juniores, un tesoro da salvaguardare"


Si è svolto alla Luiss di Roma un interessante convegno concernente la tutela, la valorizzazione, la passione dei protagonisti del campionato juniores. Tutto si è svolto in una magnifica struttura architettonica della nota università diretta dal buon padrone di casa Celli, che, con Massimo Chialastri a fare gli onori di casa con grande capacità organizzativa e maestria, ha salutato gli intervenuti ricordando l'importanza dell'attività sportiva e del rispetto delle regole. Sono stati cinque, gli interventi successivi quelli del presidente del Comitato Regionale Lazio della Federcalcio, che ha visto interessato e appassionato anche il numero 1 di via Allegri, Giancarlo Abete.
Ecco i contenuti di Zarelli e dei relatori. Il massimo esponente regionale ha ringraziato il direttore generale della Luiss, Celli, e lo stesso Abete, e ha detto: "Il Comitato Regionale Lazio ha sempre avuto la vocazione del settore giovanile, con grande attenzione dedicata ai giovani, non solo agli Allievi e ai Giovanissimi ma anche e soprattutto alla Juniores, un età difficile per i diversi interessi che i ragazzi incontrano strada facendo. Questa iniziativa arriva sette anni dopo un meeting che organizzamo al Palacavicchi che, tutto sommato, ha dato i suoi bei frutti: 6 titoli italiani negli ultimi 8 anni, con una finale persa (Pianura Napoli-Tor di Quinto 2-1 nel 2007, n.d.r.) altrimenti sarebbero stati 7 su 8". Infatti 3 titoli sono stati vinti dal Tor di Quinto (2006, 2009, 2010), 1 ciascuno dal San Lorenzo (2005), dalla Nuova Tor Tre Teste (2008) e dalla Vigor Perconti, società campionessa in carica.
Zarelli ha ricordato l'attività parallela a quella svolta in favore della partecipazione al Torneo delle Regioni, con la squadra juniores: "Abbiamo preso parte e organizzato 7 Roma Caput Mundi che sono stati utili per far fare esperienza ai nostri ragazzi, che si sono  coi pari età di altri paesi; 3 volte sono stati in Grecia per il Torneo Ignazia, che lì ha una buona importanza. E poi il Torneo della Memoria, che mettiamo in piedi da un paio di anni e quest'anno parteciperanno anche le ragazze. Questo ha una sua grandissima importanza perché poi c'è il viaggio in quei posti per far capire ai ragazzi, tanti anni fa, cosa è successo, e, speriamo, cosa non venga mai più ripetuto. Poi ci sono stati 15 ragazzi, i più bravi a livello comportamentale, e 2 arbitri, che sono andati in visita alla Comunità Europea. Oggi c'è un realtore che vi parlerà e ci parlerà anche dell'articolo 1 del Codice di Giustizia Sportiva, che parla di lealtà, di probità e di quei principi che devono accompagnare sempre un calciatore. Insieme a questo consegneremo a tutti i capitani delle squadre juniores una fascia da capitano, che dovrete portare assieme ai valori, alla tecnica, sapendo trasmettere ai vostri compagni di squadra e di società le nozioni che vengono fuori da questo convegno".
Il saluto di Pierluigi Celli, direttore generale della LUISS
Questo è un posto in cui si studia, eppure la pratica sportiva assume e detiene la sua grande importanza, per chi la pone in essere e per chi partecipa da dirigente, infatti abbiamo qui, all'università, diverse discipline rappresentate. Lo sport è sociale - ha detto il dirigente di viale Romania - è crescita civile, sociale e personale, in un momento complicato del Paese. E' importante fare sport ed è altrettanto vitale sapere applicare il rispetto delle regole. Siamo contenti di vedere tanti giovani e realtà sportive della nostra regione ben consapevoli che tra qualche giorno inizia l'attività del settore giovanile, e siamo felici che siate qui".

L'INTERVENTO DI GIANCARLO ABETE,
PRESIDENTE della FederCalcio

 

"Quella del Lazio nel settore giovanile è una qualità importante, per i risultati tecnici ottenuti, e per il numero dei tesserati in tutta Italia, essendo la terza regione in tutta la nazione, per numero dei praticanti. C'è, poi, la dimensione dei valori, alla vigilia dell'inizio dei campionati, e per questo l'iniziativa di oggi assume maggiore importanza. E' l'evento, la partita, che ci incoraggia a seguire il calcio. L'etica è una precondizione per parlare di Sport, sennò siamo qui a parlare, diversamente, di un'altra cosa. Per fare cacio ci sono delle condizioni normative, economiche, in una dimensione divenuta enorme, con un milione e cinquecentomila iscritti a partecipare, solo come atleti. E quindi l'etica diventa una condizione necessaria, fondamentale. Quindi, dal punto di vista del calciatore, ci vuole una forte dirigenza societaria, che tenga a bada tutto e bene. Poi c'è l'evento, che sia esso la finale del campionato juniores o di una Champions League.
Quando parlo di attività organizzata penso a tre fasi: PROGETTO-REGOLE-COMPORTAMENTI". Una rapida spiegazione di Abete con invidiabile rapidità e capacità di analisi, poi parla della stretta attualità: "C'è grande confusione, sulla Giustizia Sportiva, in questo paese, sui ruoli, che però vanno rispettati, dal giudice di primo grado fino alla Cassazione dello Sport". Torna a parlare dell'importanza del calcio nel tessuto sociale nazionale: "Il calcio ha una dimensione sul territorio perché è globalizzazione e identità territoriale, sugli 8.000 comuni e frazioni rappresentati, con 15.000 società. Il calcio è globalizzazione, vedi l'evento del Mondiale o dell'Europeo, ed è vicinanza alle radici, e col calcio si parla un linguaggio universale. Ha una radice profonda, sul territorio perché identifica tante realtà urbane, cittadine, di sobborghi. Il calcio è stare insieme, è una festa di popolo come è accaduto a Medolla: proprio ieri siamo andati a trovare le popolazioni terremotate, con il Commissario Tecnico Prandelli e i suoi giocatori, e far vedere a quei bambini i Pirlo, i Buffon, i Marchisio, significa aver donato loro un ricordo che porteranno per tutta la vita. E' stato un messaggio bello e di sensibilità, recepito con grande affetto dalla popolazione emiliana". Il presidente federale conclude l'intervento così: "E' un'iniziativa importante, quella di oggi, perché la juniores, come ha ricordato Zarelli, è una realtà di confine, dove è finita la dimensione giovanile e può far cominciare un altro percorso".

Massimiliano Cannalire


GLI INTERVENTI DI PINO CAPUA, SERGIO COPPETELLI, MASSIMO MATTEI

L'intervento del Dottor Pino Capua, responsabile della Commissione Antidoping della Federazione Italiana Giuoco Calcio.
Pino Capua ha un compito delicato, difficile, che prese dopo la bufera che si è abbattuta sulla precedente e oscena gestione del laboratorio dell'Acqua Acetosa, che era una sorta di Hotel California. Ma la semplicità dei termini e la sua capacità d'analisi sono sempre stati fattori di grande attenzione per chi lo ascolta. Si presenta alla platea, che conta ben 440 persone sedute (!), con lo slogan "Doping, se lo conosci, lo eviti".
"Sono stato prima calciatore e poi padre di due calciatori, e come avviene quando c'è il padre, è ovvio che uno dei miei figli, oggi, non sia presente", inizia scherzando Pino Capua. Che ringrazia il direttore generale Celli ("Sono contento di essere a casa perché sono stato studente anch'io e lo sono i miei figli"), il presidente regionale, Zarelli, per l'iniziativa, definita bella e interessante, e Abete, seduto in prima fila: "Sono uno sportivo e sono medico di calciatori e non posso non ricodare che la F.I.G.C. è stata la prima federazione che si è sobbarcata l'impegno e soprattutto l'esborso per attuare un programma di prevenzione difficile e impegnativa. Sfido chiunque - dice con fermezza il conosciutissimo dotto in medicina - a ricordare, esclusi cocaina e cannabinoidi, il nome dell'ultimo giocatore di calcio beccato all'antidoping".
Capua ricorda che ci sono gli aspetti etici e quelli informativi: nel primo caso fa un richiamo alla definizione delle regole, e al conseguente rispetto dei praticanti verso le stesse, ma anche al rispetto tra i praticanti". Poi rammenta l'importanza degli aspetti informativi: "L'informazione deve essere indirizzata a tutti, dagli insegnanti alle famiglie, dai giocatori a ogni tipo di dirigente". E spiega in modo dettagliato: "Il riferimento all'antidoping non lo possiamo distinguere per categorie, va dalla Serie A a tutti i campionati in cui operiamo. Fare un controllo a Del Piero, prendo un nome a caso, o farlo a uno juniores, e qui è pieno di giocatori e capitani di quasi 100 squadre, per noi è la stessa cosa, il medesimo messaggio, di come la pratica di sostanze sbagliate possano creare un danno alla salute, al posto dei presunti o reali vantaggi sperati. Infatti i controlli antidoping vengono fatti in Serie A, Serie B, nella Lega Pro, nella Serie A femminile e nella "A" di Calcio a Cinque (anche questo campionato partirà sabato prossimo, n.d.r.). E da quest'anno verranno introdotti i controlli nella fase finali del Trofeo Berretti, nella Supercoppa e in tutto il Campionato Primavera. E i risultati ottenuti hanno gratificato la nostra federazione, che i suoi bravi soldini li ha spesi, per questo tipo di battaglia. Con un traguardo che abbiamo posto al presidente Abete, che ringrazio, per la perseveranza e per la pazienza, ed è una cosa proprio allo studio della presidenza federale: il passaporto biologico. Si fa un prelievo che poi viene replicato di 3 mesi in 3 mesi, nello specifico l'analisi darà dei valori confrontati coi diversi periodi in cui controlliamo gli atleti interessati. Saremmo - dice il popolare professionista medico - la prima federazione al mondo! La F.I.F.A. ci ha chiesto e concesso attenzione sull'argomento, e anche la U.E.F.A. si è dimostrata ad investire su quella che sarebbe una vera rivoluzione".
Quindi Capua ricorda una cosa semplice da tenere presente: "Il rischio non è solo disciplinare, che talvolta può essere scansato, schivato, ma, è, certo, legato alla salute". Fa poi riferimento a un interessante articolo del 9 scorso apparso su "Il Corriere della Sera" intitolato "Liberalizzate il doping", dicendo: "Pensavo fosse una provocazione e, considerando anche che chi l'ha scritto è una brava persona e preparata, come avrò un attimo, scriverò le mie considerazioni poi decideranno se pubblicarle o meno. Ma intanto avremo un confronto". Chiude il suo intervento, Pino Capua, cno un riferimento di tipo giuridico: "Bisogna ricordare la legge 376del 2000: che dice, appunto, che il doping è un reato".

L'intervento di Sergio Coppetelli, ex arbitro di Serie A e componente la commissione regionale degli arbitri nonché designatore del campionato di Promozione (nel Lazio è un torneo composto da quattro gironi).

"Voi sabato iniziate un campionato importante e siete i protagonisti della riserva calciofila del nostro Paese: siete il vero tesoro da salvaguardare. Come Commissione Regionale degli Arbitri ne vediamo tre a settimana per ciascun componente quindi è un lavoro profondo, fatto con attenzione". L'ex fischietto di Tivoli città e Tivoli come sezione fa, poi, un richiamo, appassionato, sentito, diretto come di rado ci ricordavamo l'attuale dirigente arbitrale, alla lealtà, e all'iniziativa della fascia da capitano. Menziona un paio di episodi della sua positiva carriera da "uomo nero", da primo ufficiale vissuta in campo: "Era la mia prima gara in Serie A, e all'ultimo minuto di Napoli-Atalanta vedo la palla scendere e finire in rete. Io concedo la realizzazione e il mio assistente parte verso il centro del campo con la bandierina quindi diamo gol e quelli dell'Atalanta partono, sono tutti intorno a me, e caccio un cartellino rosso, che calma la situazione. Il gol l'aveva fatto Maradona che, coi compagni, è andato a esultare. Per due mesi, a ogni uscita, sulla stampa nazionale, sono stato tritato, massacrato. Quel grande uomo che è Concetto Lo Bello sostenne che la cosa brutta e spiacevole fu vedere Maradona, un campione, segnare irregolarmente, e buggerare l'arbitro e tutti; e la sera lui era un furbo e un astuto, io ero il fesso da mettere sulla graticola. Il secondo episodio accadde sempre al San Paolo quando ho concesso un rigore che poteva non starci ma, quando dissi a Giordano "A Bru', era rigore?", la risposta che mi venne data fu la seguente: "Io qui a Napoli ci campo, se dico una cosa contraria alla mia squadra mi corrono appresso fino a casa". Questo per dirvi che rapporto ci fosse, coi giocatori, con qualche giocatore - chiosa Coppetelli - ricordando, al contrario, due grandi signori del calcio vissuto a cavallo tra gli anni '70 e '80. Il riferimento va a Gaetano Scirea e Michel Platini, definiti dall'ex arbitro nazionale..."due difensori dell'arbitro, nei momenti di crisi. E guardate, ragazzi, che l'arbitro i suoi bei momenti di crisi li passa. Due persone stupende, Scirea e Platini".
L'argomento ora verte sulla sportività vera o presunta. Ci sono differenze, per Coppetelli: "Oggi esiste il fair-play. Che fair-play è, quando il pallone viene restituito quaranta metri dietro? Noi, dirigenti del settore arbitrale, dirigenti federali, voi, dirigenti di società, voi ragazzi, in mezzo al campo, dobbiamo tutti, TUTTI, concorrere alla vera applicazione dei principi, in un calcio che, mi perdonerete il termine forte, è il Bronx dello sport, del pallone. Perché è vero, costruiamo giocatori che andranno nelle categorie professionistiche ma anche uomini che resteranno tali per tutta la vita". Infine una menzione, d'obbligo, dedicata al torneo federale juniores, che parte sabato pomeriggio: "E' un campionato che a noi sta a cuore, per quello che i ragazzi sanno dare, attraverso i comportamenti". Un Coppetelli capace di non scendere sulla retorica ma, addirittura, da libro Cuore. E si prende i suoi giusti applausi, non tanto per aver superato l'emozione, quanto per la passione con cui ha espresso i concetti.

L'intervento del sociologo, Massimo Mattei.


E' sportivo praticante, il Dottor Massimo Mattei, e va subito a spiegare alcuni aspetti, dei ruoli insiti nei tornei giovanili: "Gli allenatori sono una specie di padre vicario e quindi devono sapere che l'attenzione che i ragazzi sanno dar loro è assoluta. Del resto lo sport era talmente importante, nell'antichità, che era capace di interrompere le guerre". Poi l'argomento arriva ai ragazzi: "Come sociologi abbiamo sempre tenuto alla salute di chi va in campo, e quindi valutiamo in senso positivo alcuni aspetti dell'agonismo, dell'impegno messo dai giovani calciatori, ai quali dico...vorremmo che traeste soddisfazione uscendo dai vostri campi, anche quando si tratta dell'allenamento, durante la settimana, non solo quando si vincono le medaglie. Ricordando che il campo come ambiente e ambito è uno dei primi posti in cui imparate l'educazione civica".


L'intervento dell'ex giocatore di Lazio, Juventus,
Udinese e Nazionale Giuliano Giannichedda

"In Italia, purtroppo, siamo orientati a pensare alla scuola, ai giovanissimi e agli allievi, con dei numeri che sono in aumento, rispetto al decremento numerico. Infatti è quasi fisiologico che un atleta venga tentato dall'interrompere l'attività agonistica. A 17 anni i primi dubbi se continuare o no vengono ma ci vogliono la passione e la fortuna di avere delle persone serie intorno; e dare da atleti serietà e sacrificio, sia quando si gioca che quando ci si allena. Ci vuole pure fortuna, ma alla base passione".
L'ex mediano bianco-celeste ha poi spaziato sul momento generale: "Vista la congiuntura socio-economica, ci dobbiamo affidare ai giovani: bisogna andarli a vedere, correggerli, se c'è bisogno, dar loro una mano. Un esempio lampante? Il Barcellona, due anni fa, ha portato in finale di Coppa dei Campioni nove atleti cresciuti nel vivaio. Un'altra considerazione: ho sentito parlare, in giro, di provini da fare ai ragazzini nati nel 2001 e nel 2002, che giocano per passione. Ma quale provino deve fare, un ragazzino di undici o dieci anni?
Sull'iniziativa della fascia da capitano si è soffermato facendo un esempio che è passato alle cronache e ai commenti per il clamore di un errore arbitrale: "In un Lazio-Fiorentina un tiro di un avversario è stato salvato sulla linea da Zauri, con l'arbitro, che era uno dei più bravi in assoluto che abbiamo avuto, Rosetti, che ha visto male dando il calcio d'angolo. E' venuto da me e ha chiesto cosa avessi visto. Io, che sinceramente, ho visto una deviazione di testa, quella ho raccontato. Poi, andando negli spogliatoi, sono andato da Zauri, gli ho chiesto e mi ha detto la verità della situazione. A quel punto, da buon capitano, ho chiesto al mio dirigente accompagnatore di portarmi nello stanzino di arbitro e assistenti, e gli ho chiesto scusa, perché ero convinto di ciò che gli avevo raccontato. Questo, fa un capitano, pure in un momento difficile". La conclusione di Giannichedda è da applausi a scena aperta, direbbe il buon Pizzul: "Dopo la juniores il calcio non finisce, perché è una scuola di vita. Diventate esempio per tutti".

CONCLUSIONI - Da almeno cinque, forse sei anni non veniva organizzata una manifestazione ad ampio respiro. Questa volta non ha puntato, il Comitato, sul dispersivo palazzetto di Ciampino ma su un'aula magna che, sapientemente, la LUISS ha messo in opera per una cosa pensata e realizzata in grande, con 440 persone sedute ed altre in piedi, con gente giunta dalla Ciociaria e da Rieti, con i rappresentanti delle altre quattro province laziali intervenuti a Roma come segnale, di rilievo, di unità d'intenti, nei confronti del pensiero di Zarelli. Con tutta la passione dei capitani delle 32 squadre del campionato juniores d'élite e delle 64 dei "Regionali B".

Tutto questo in un ambiente prestigioso e di studio. Perché, in fondo, il calcio è movimento e viene valutato, analizzato, persino studiato. E quindi è stato bello, giusto e incoraggiante farlo là, dove si costruiscono i manager, i dirigenti, quelli che intendono mettere a disposizione la propria conoscenza del sistema-Paese, della collettività. Come può fare crescere un paese, un sobborgo, questo nostro calcio di base.

Massimiliano Cannalire

 

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