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Tor di Quinto campione d'Italia


articolo del 12/6/2010



Scriviamolo, adesso, quel numero appena accennato...

5 SCUDETTI!

Roba da libri di storia. Paolo Testa conquista

il suo terzo tricolore in cinque anni, su quattro

finali giocate. Dal 1991 a oggi il club del padre

Massimo ha scritto la storia di una categoria.

Ne è la storia

 

 


Il Tor di Quinto vince il suo quinto scudetto in meno di 20 anni, compiendo l'ennesima, ammirevole impresa di una storia di grande rilievo, resa gloriosa dalla categoria più importante dell'attività giovanile. E lo fa contro una plausibile avversaria, il Bressanone, che, come i romani, aveva lo scorso anno, spedito, con un anno in meno sulla carta anagrafica, diversi elementi a fare esperienza.

Per il movimento calcistico romano, per la singola società che è stata di Vittorio Testa, che è di Massimo, che sarà di Paolo, uno degli allenatori più vincenti di tutto lo Stivale, si tratta di una continuità che nessuno si sarebbe mai sognato, a livello italiano e, poi cercheremo di completare le dovute ricerche, nel calcio di base continentale. Un filotto di immensa qualità per l'attività regionale, che oggi battezza la sesta finale di fila, con quattro successi in via del Baiardo, uno per il San Lorenzo e uno per la Nuova Tor Tre Teste. A raccontare le cifre sarebbe facile facile, ma l'idea del calcio costruita dal Dopoguerra nel popolare quartiere flaminio non è imperniata “soltanto” sulla concezione, per alcuni arcaica ma dalla sicura efficacia, del libero staccato. Quel modulo così vincente per la Grecia in casa del Portogallo, così redditizio in parecchie categorie, dai professionisti ai dilettanti, farcito di due, talvolta di tre marcature individuali, con il terzo che scende con perserverante continuità. I quattro di centrocampo che sono complementari e le due punte che incrociano con i meccanismi, elvetici, del nuoto sincronizzato. Il Tor di Quinto non è una mera questione tattica, pur dogmatica, come l'ha vissuta, l'ha imposta il leader...Massimo: nossignori! E' strategia, è disciplina, è saggezza, è capacità organizzativa di chi partecipa, con passione, senza nulla chiedere o di nulla, egoisticamente, illudersi.

La capacità di costruire le squadre di quello che, a nostro avviso, con Pantaleo Corvino della Fiorentina (già operativo con palpabili risultati a Lecce), è il più grande intenditore di calcio giovanile in Italia: Giampiero Guarracino. Da quando l'asse è stata costruita da Massimo Testa per arrivare al figlio con questo stregone disneyano dalla forte e decisa volontà, in riva al Tevere sono stati messi in piedi due lustri probabilmente irripetibili, con l'umana voglia di scansare, e anche di parecchio, la tentazione dei paragoni. Perché con il presidente e il direttore sportivo, con la signorilità ma anche il profondo spessore umano di Gianni Spallucci, questa società ha scritto pagine umane prima che sportive, di ragazzi che, presi, alla bisogna, per le orecchie, non finiranno neanche a 80 anni di dire grazie a personaggi di tale calibro, personale prima che calcistico, comportamentale e professionale prima di ogni altra indicazione, connessa alle vittorie. E' così, Tor di Quinto: prendere o lasciare.

Dopo 363 giorni dalla Borghesiana arriva il secondo scudetto di fila, il terzo in cinque anni con una finale persa nel 2007, dalla partenopea Pianura, contro una grande squadra. Dal 2006, successo in regione contro l'Alatri (prima diretta satellitare di una finale juniores in Europa!, n.d.r.), vittoria nazionale con la Civitanovese, suddetta sconfitta al Salaria dai campani; sconfitta nel Lazio dalla Nuova Tor Tre Teste a recupero già scaduto (…), coccarda interna con la Vigor Perconti e soddisfazione assoluta contro il Marina di Pietrasanta, con mezza squadra, in ruoli cardine, sotto età, come la formazione battuta oggi. Solo questi numeri basterebbero ai grandi esperti statistici del settore calcio, sia dilettante che professionistico, per dire: “Non ci sarà più un ciclo del genere”. Ma non è solo questo, Tor di Quinto, e il Tor di Quinto. E' ricordare il primo titolo allievi regionali all'esordio di Giampiero Guarracino, 2-1 all'Aprilia (2001, all'allora centro sportivo Bancoroma), dopo che l'alleanza venne siglata in un “Flaminio” stracolmo in cui venne superato – finale juniores – 3-2 alla fine dei tempi supplementari lo Scauri Minturno, in una gara diretta da Gennaro Palazzino. Quest'ultimo, proprio oggi, dirigeva l'ultimo atto per andare in serie B (e chissà che non ci arrivi anche lui, alla Commissione Arbitri Nazionale delle due categorie assolute, n.d.r.). Un altro titolo allievi, lo scorso anno, a Villalba, lì il tecnico era Marco Moretti, nel primo caso Paolo Testa. Tre finali dei giovanissimi con una vittoria nel Lazio, due Supercoppe.

Non si è mai posto limiti di tipo matematico, questo sodalizio, per la smisurata lungimiranza di aggiungere numeri a numeri, senza che nascessero dal frutto, mediocre, del caso, ma con un'attenzione pignola, anzi, no, maniacale, ai dettagli, tanto nella messa in opera di una squadra quanto nella gestione di quei correttivi da applicare a treno in corsa.

E soprattutto un dato: vivere la sconfitta e la conquista come un compagno eguale, per dignità, capacità di autocritica, analisi, svisceramento dei particolari e delle indicazioni generiche. Con un minimo denominatore comune. Al mattino dopo, a orario antidiluviano, gli Orsi, i burberi, i figli di...buona Mamma, il Gatto e la Volpe, Guarracino e Testa, Testa e Guarracino, in ordine sparso, con il baronetto Spallucci che arriva di lì a mezz'ora, li trovi sempre a Yellowstone Park, riserva naturale. Di calcio.

Per una società di grandi architetti, di crescenti, giovani preparatori e istruttori, e, forse, dei dirigenti dell'avvenire, crediamo si possa scomodare un grande presentatore e conduttore radiofonico, televisivo, Corrado Mantoni. Carpiamo una sua frase, tenendo a bada improbi calcoli su modesti paragoni con chi fa pallone, e non calcio, come fanno invece in riva al Fiume: “E il bello...è...che non finisce qui”. Bravi, bravissimi.

Massimiliano Cannalire

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