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Ritorno aureo, quello in pullman. E a passeggio


articolo del 12/6/2010



RITORNO AUREO, QUELLO

IN PULLMAN. E A PASSEGGIO

E poi quel chilometro fatto a piedi, dal Gran Teatro al

campo “Alfredo Monza, liberatorio! Spallucci: “Siamo un

fenomeno da sottoporre a studio, tipo Superquark...”



Il cammino aureo è sempre quello più bello, che magari godi meno per la stanchezza fisica e per quella nervosa accumulata in un anno, pardon 363 giorni, quelli che hanno separato la vittoria, schiacciante, di dodici mesi fa, rispetto a quella determinata alle ore 18.20 di oggi, quando il signor Rossi di Novara ha decreato la quinta vittoria italiana della più gloriosa società laziale. E' il club che ha vinto di più, e non si è limitato soltanto a vincere negli juniores, ma anche in regione, tre volte, negli allievi, una nei giovanissimi. Ha vinto la squadra più preparata, ha vinto, per sportiva ammissione di Alessandro Vacalebre, che, in sala stampa, nel bel mezzo dei gavettoni che organizza al volo la “envencible armada”, definisce il Tor di Quinto “...una squadra fantastica, inarrivabile, fatta di grandi individualità ma che riesce a giocare tutta insieme”. E ripete, quando arriva Paolo Testa, tricampione personalmente parlando (2006 e 2009 prima della versione odierna), l'aggettivo “fantastica”, per come ha tenuto il campo, per il forcing che ha imposto, impressionante, nel primo tempo, fatto di sette, otto palle-gol, prima di trovare quel guizzo, quella pennellata che De Rossi disegna dalla corsia sinistra con il goniometro. A ricordare un passaggio capace di scavare un solco nella storia moderna del calcio, il parallelismo che si può fare è quella palla che spedì in profondità, oramai quattro anni fa, Andrea Pirlo, nella semifinale contro la Germania, quando mandò a segnare Grosso. E quel pallone aveva il contagiri, come Lucas sa fare, come ha fatto, per una giocata bella come un cristallo. Che Pischedda si porta da grande attaccante sul sinistro, e che spedisce in rete di interno sinistro, imparabile, per l'ennnesimo volo, autorizzato, di una pattuglia brava al punto da tenere lontana ogni tipo di tentazione, in una società civile capace di cose strane, lontano dai campi di pallone. Già, persino uno abitualmente duro nei giudizi, in realtà netto, sincero quale è Massimo Testa, ha ricordato che “....la storia parte da lontano, dal dopoguerra, quando dopo venti anni di vergogna, la Rinascita poi Tor di Quinto ha dato la possibilità di giocare a calcio ai ragazzi poveri, in mezzo alla strada, cosa che vorremmo fare noi che i ricchi al campo non li abbiamo davvero. Noi non abbiamo i grandi finanziatori, abbiamo regazzinacci cresciuti dalle primissime squadre giovanili, che poi arrivano alla juniores, escono di qua per fare un percorso nel lavoro e nella vita pronti, per la disciplina, per il saper soffrire, per essere bravi a progettare le loro cose, le famiglie, le varie situazioni”. L'argomento si sposta sul movimento giovanile romano: “Sono fiero, orgoglioso di essere il presidente di una società seria, valutata come si deve, negli ambienti federali come in quelli sportivi, costruita su grandi individualità quali Sonnino, Berruti, Bornivelli, Quadrelli, uno che dedica il tempo libero al Tor di Quinto, tra una missione nella regione della Kosovo e l'altra. Moretti, Pinna...Chi non cito non è cattiveria ma perché non me li ricordo tutti, e lo sanno, i tanti elementi che abbiamo. Paolo, mio figlio, ha scelto di non fare carriera per sposare questa idea, rappresentarla in campo, aggiustare la base e con efficacia presentare squadre competitive. Oggi abbiamo mostrato cosa sia per spessore il Tor di Quinto non fermandomi, nell'analisi, al gioco. Non abbiamo preso un cartellino giallo che è uno, dopo aver giocato un primo tempo di grande, grande intensità, e queste sono soddisfazioni. Che arrivano tutte assieme, davanti ai tanti addetti ai lavori visti oggi a Casal del Marmo, venuti per valutare le eventuali possibilità dei ragazzi di andare tra i professionisti, di fronte a una federazione intera, ai tanti sportivi romani, che ho visto intervenire da lontano. Ci hanno seguito di persona e anche per radio, via internet, e questo tutto per merito del lavoro svolto. Siamo il Tor di Quinto, una cosa grande, ma grande davvero”.

Il pullman riparte da Casal del Marmo, che il presidente Testa definisce “un gran bell'impianto, ed eravamo contenti di venire qui. La scelta del pullman è stata fatta per rispetto ai ragazzi, alle famiglie e ai sostenitori, e perché crediamo di essere e rappresentare non una moda ma un club abituato a questi livelli”.

Cinque, quel numero sussurrato, oggi si può scrivere, divaricando le bacheche... “Abbiamo vinto cinque scudetti in meno di venti anni, ed è una cosa grossa, importante, bella, che non ci ha mai lasciato abbassare la guardia, di organizzarci le squadre a venire”.

Perché parlare di un prossimo futuro quando siete e vivete un meraviglioso presente?

Perché è normale pensare che Paolo sia la continuità, perché lo saranno Lollo ossia mio nipote Lorenzo e Riccardo, mio figlio. Perché non ti puoi fermare, di fronte a 450 ragazzini che si aspettano di essere protagonisti, e perché abbiamo voglia di misurarsi con nuove stagioni sportive. E quando tutto sarà a posto, ci sarà qualcosa anche per gli altri...”.

Il pullman dalla Trionfale, mai strada fu più azzeccata per giocare una finale da attore protagonista, prende per il tunnel verso lo stadio Olimpico, per raggiungere il bivio che porta alla Flaminia, al Gran Teatro. C'è il popolo amaranto-blu che aspetta. E qui la sorpresa. Paolo Testa, all'arrivo dei pullmini, guida un lungo, festante corteo, che via del Baiardo se la fa tutta a piedi. Con i giocatori sul mezzo guidato dal fratello africano Pierre, che, bravo, a passo lento, asseconda quella camminata, sicura, delle tante generazioni rappresentate da un chilometro di sorrisi e cori. Un ulteriore sacrificio, ma mai così bello. Dai 7 ai 76 anni, da Riccardino a Luigi Astolfi, passando alla consapevole e beata commozione di Giovanni Francesco Spallucci vien dal Ponte (Milvio). E' lui, parlando al telefono dopo la grande impresa, a dire a un amico: "Proporranno di venirci a esaminare, a studiare, per capire cosa sia il fenomeno Tor di Quinto, vista l'abitudine, la frequenza con la quale ci ritroviamo, da diversi anni, a disputare LA PARTITA, quella che vale una stagione, ovvero il TITOLO ITALIANO". Come dargli torto? Chiamate Piero Angela, ma anche Alberto. Uno potrebbe non bastare.

Massimiliano Cannalire

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