La parabola di FABIO DE PAOLI, più forte del tempo e della distrofia. Ragazzo divenuto disabile a 8 anni.Forte come una montagna del Trentino
articolo del 12/11/2010
La parabola di FABIO DE PAOLI, più forte del tempo, e della distrofia. Ragazzo divenuto disabile a 8 anni. Forte. Come una montagna del Trentino Il nostro direttore, inviato per una cosa speciale, vi racconta una storia differente da quelle sportive che di solito seguiamo. Lunga 30 anni, tra attività ricreative, parrocchia, e un legame, indissolubile, da Roma alla provincia di Trento... Fabio De Paoli non è stato un ragazzo qualunque. Dall'età di 8 anni ha dovuto passare i suoi giorni, assistito, su una sedia a rotelle, per una sorta di distrofia muscolare, che ieri se l'è portato via. E' sempre stato capace di esprimere, con un sorriso, la gioia di vedere noi, “I ROMANI”, arrivare da lontano, dalla Parrocchia di Santa Maria in Via, pieno centro di Roma, da ben 600 chilometri. Ce ne sono tanti fino a Transacqua, dove domani verranno celebrate le esequie, con l'ultimo saluto terreno a un ragazzo ben presto, per necessità di vita, cresciuto, ma mai vinto. Ha partecipato con noi alla vita del Maso Chini, la casa della sua famiglia, messa a nostra disposizione per quasi tre mesi all'anno, in cima a Tonadico, paesino aggraziato della Valle di Primiero, definita la Terrazza delle Dolomiti, non lontana dalla più nota San Martino di Castrozza. Posti spettacolari, gente in gamba, operosa, come la famiglia “del” Fabio, come si dice lassù, appena sotto il Cielo. Fabio all'arrivo de “I ROMANI” faceva un gran casino, sprizzava la sua voglia di vivere da tutti i pori, abbracciava, da seduto, ma con energia e vigore, Padre Manetto, guida spirituale di tante generazioni, grandissimo organizzatore di attività religiose e del tempo libero, me, tutti i ragazzi e le ragazze che omaggiavano quella bellezza della natura rappresentata dalla sua tenuta. Tanto vero che la famiglia ha migliorato una casa piccolina sita di fianco al Maso per farci vivere, bene, il Fabio. Si stava con lui dai due ai tre mesi all'anno, e se ne ammirava la volontà quando partecipava, con le assistenti, alle attività culturali, sportive. La malattia non gli permetteva di esprimersi con naturalezza vocale ma si sapeva far capire, con la amorevole pazienza di Mamma Maria, che nel frattempo ha perso il Paròn, Francesco, grande pastore e contadino, uomo di immensa caparbietà professionale, stimato da tutti noi e dai suoi conterranei, con Giacomino, l'altro figlio maschio, pronto a dare una mano già dalle 5, 5 e mezzo del mattino. Ne ha avute di difficoltà, la famiglia De Paoli, e sì che di lavoro ne ha fatto tanto, anche quando Giacomino è stato colto dalla stessa sindrome del fratello, ai nervi dei piedi. C'era differenza, tra il Giacomo che portava, appena quattordicenne, le pecore a pascolare all'alba appena giunta, e quello di oggi. Non lo spirito, di questa gente forte, come gli alberi della Valle di Primiero, generosa come il Canali, il fiume che vien giù con una forza capace di conquistarti; persone di grande senso della collaborazione, dell'Amicizia, del dovere. I trentini sanno essere rocciosi, come Fabio, che aveva le mascelle volitive come un suo illustre omonimo, da lui e da me ammirato, Capello, ex giocatore e già allenatore. Parlavamo del “nostro” Milan, con Fabio, scherzavamo sui richiami di Padre Manetto, parlavamo, con garbo ma anche con la voglia di farsi quattro vere, sane risate, di ragazze, delle “nostre” ragazze, quelle che frequentavamo in parrocchia e che venivano lassù, con noi. Senza esagerare, perché Fabio difficilmente perdeva la pazienza, e ne hanno dovuta avere lui, e la sua famiglia. Abbiamo perso degli amici in comune, leali fratelli nostri, come Robertino Stacchiotti, andato via a 22 anni, alla fine del 1990, troppo presto, e quel grande lavoratore e uomo di gruppo che è stato lo zio, Franco, morto per il dispiacere, un anno dopo. Due dei “nostri”, due come noi, che con noi hanno condiviso chiacchierate, lavoro, scherzi, passeggiate. Il tempo è passato ma non ci ha vinto, perché alla prima occasione, personale, turistica, di svago, non di insana nostalgia, ma di vicinanza umana, “VIA!”, si partiva da Roma, da Padova, da Trieste, da Verona, per andare a trovare la famiglia De Paoli, a vedere “come sta il Fabio?”. Una domanda che qualcuno mi pregava di fare a Mamma Maria e a tutti, una volta in partenza per andare a Tonadico di Primiero. Per il bene che in tanti abbiamo voluto, vogliamo, a uno sfortunato ragazzino, poi giovanotto e quindi uomo, che, limitato nelle movenze, al lunedì e al martedì si è voluto dedicare a quel giornale fatto con le sue insegnanti e assistenti, in attesa che io, dalla mia città, inviassi il pezzo di commento sulla Serie A di Calcio. Non è stato un direttore qualsiasi, bensì un esemplare elemento, il Fabio, per cui ho, abbiamo sempre fatto il tifo, perché gente di quella forza, di quella volontà, non la incontri tutti i giorni, anzi. Ho pensato, ogni tanto, a suoi eventuali momenti di sconforto, per non poter fare ciò che ad altri riusciva. Mi sono detto, però, che con l'Amore dei suoi cari, l'affetto e l'umanità dei suoi Amici, di noi, Fabio anzi il Fabio, abbia superato la maggior parte di quegli insidiosi momenti che rischiano, in assenza di ciò, di buttarti giù, come un pugile che non ha più la forza di tenere alta la guardia. Fabio ha messo a disposizione la sua corteccia caratteriale, spessa, profonda, dolce, ogni volta che siamo arrivati al Maso Chini (Maso, in Triveneto, ha il significato di casa), con sorrisi, scherzi, scambi di vedute, così come, alla partenza per Roma, piangeva come quella stupenda fontana che guarda la piazzetta di Tonadico, quella dell'acqua fresca a tutte le ore. Ma le sue erano lacrime calde, che scendevano dentro ognuno di noi fino a che lasciassimo il Maso per andare a prendere il pullman sotto, alla strada per Transacqua. I sentimenti di vicinanza, di fratellanza, di spontanea sensibilità si manifestano oggi come è stato dalla fine degli anni '70 passando per tanti eventi, personali, sportivi, di svago, riflessione, di famiglie nate splendidamente sulle terre della famiglia De Paoli. Che saluta il Fabio con il medesimo Amore umano impiegato per una persona più resistente di quanto gli è capitato. Un motivo in più, per affrontare questo viaggio, da inviato, partendo da solo, con la consapevolezza di aver di fianco quelli che lassù non possono arrivare. Perché il trascinante impatto di un'Amicizia cristallina sia tesoro per noi, nei momenti in cui piove e nevica. Come oggi. Domani il Fabio sale da Nostro Signore, ritrova il Papà, Francesco, ascolterà Padre Manetto. Una volta di più. Dio, quanto ti ho voluto bene, Amico mai vinto. Massimiliano Cannalire